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Uno straordinario libro di Massimo Montanari (La fame e l'abbondanza, Laterza 1993) ripercorre la storia dell'alimentazione in Europa dal periodo tardo-romano al Novecento.
Uno tra gli aspetti che colpiscono nella lettura è la costante contrapposizione, attraverso quasi quindici secoli, tra l'alimentazione prevalentemente "carnivora" e il nutrimento in cui prevalgono i prodotti della terra : queste visioni si fronteggiano costantemente sulla base di motivazioni ideologiche o filosofiche, che quasi mai trovano un riscontro nell'effettivo valore nutritivo dell'una o dell'altra dieta.
La diatriba, ancora oggi irrisolta, si può così riassumere: la cultura greca e romana, che troverà più tardi un riscontro nella cultura classica
e umanistica, mostrava un particolare apprezzamento per i prodotti di una ordinata
agricoltura: grano, ulivo, vite, orto ne erano i punti di forza . Su questa realtà si disegnava un sistema di alimentazione, che oggi chiameremmo
"mediterraneo" a forte caratterizzazione vegetale, basato sul pane e le focacce,
sull'olio, sulle verdure, il tutto integrato con modeste quantità di carne e dal
formaggio.I valori culturali delle popolazioni celtiche e germaniche erano invece maggiormente
improntati allo sfruttamento della natura incolta: l'alimentazione delle popolazioni
"non romane" era pertanto basata soprattutto sulla caccia e la pesca, sulla raccolta
dei frutti selvatici, più tardi sull'allevamento brado nei boschi. |
Benché il quadro non fosse così rigido (anche i germani consumavano cereali,
così come i romani mangiavano carne ovina o suina) si delineano in questi secoli
le due tendenze alimentari che ancora oggi fanno discutere dietologi, gastronomi,
consumatori.
Alla alimentazione a forte componente vegetale veniva attribuito (in parte è
ancora così) un valore fortemente simbolico legato al concetto, squisitamente
"culturale", di purezza, di leggerezza; al forte consumo di carne viene legata
l'idea della forza, della potenza, della "virilità" : l'eremita, il filosofo, il pensatore si cibano di alimenti vegetali, mentre
il guerriero, l'uomo rude consumerà grandi quantità di carne.
Non a caso ancora oggi il "piatto nazionale" di buona parte degli Stati Uniti
d'America è la "bistecca alta due dita", nutrimento prediletto dei pionieri.
Questa contrapposizione, sia pure in diverse gradazioni e con differenti motivazioni,
è continuata sino al secolo passato, assumendo spesso una connotazione di classe
e di censo: i nobili mangiano selvaggina e pane bianco, i contadini cavoli e miglio,
ed è in parte viva ancora oggi; Pellegrino Artusi , ne "La Scienza in cucina e l'Arte di mangiar bene " (Bologna, 1889), il primo trattato organico e "scientifico" di cucina tradizionale
italiana, fa una singolare affermazione: "Gli erbaggi, purché non se ne abusi, sono un elemento di igiene della cucina.
Diluiscono il sangue, e, amalgamati alla carne, rendono questa meno nauseabonda;
ma il più o il meno uso dei medesimi, in un paese qualsiasi, dipende in gran parte
dal clima. "Il nostro gastronomo ottocentesco riconosce alcune qualità dietetiche agli
ortaggi soprattutto come complemento alla carne, ma "purché non se ne abusi" (!);
prende anche atto delle differenti tradizioni alimentari italiane, che correttamente
associa anche alle diverse condizioni climatiche. |
In realtà, la tradizione culinaria italiana ha sempre fatto largo uso di erbaggi e legumi
ed altri prodotti di origine vegetale (si pensi alla pasta, al riso, al pane…) a tutte le latitudini, benché sia pur
vero che il maggior uso di verdura, proprio per le condizioni climatiche favorevoli,
è diffuso soprattutto nel Centro-Sud.
Si deve ad uno studioso americano, Ancel Keys, il riconoscimento scientifico di quanto le popolazioni italiane e dell'intero bacino mediterraneo avevano da tempo scoperto, ovvero che una dieta povera di carni, moderatamente ricca di pesce e latticini, basata in prevalenza su alimenti di origine vegetale (in particolare frutta, verdura e cereali e loro derivati) oltre ad essere spesso più saporita e gustosa è anche estremamente più salubre.Chi segue quella che nel 1952 Keys definì "dieta mediterranea" è meno soggetto a disturbi e malattie del sistema cardiocircolatorio e digestivo.
Abbandoniamo quindi gli storici pregiudizi, e non adottiamo una dieta prevalentemente "carnivora", né lasciamoci irretire dalle seduzioni squisitamente "ideologiche" delle diete rigorosamente vegetariane (che non prevedono l'assunzione di carne, ma consentono latte e latticini e talvolta le uova) o strettamente "vegetariane" (che consentono esclusivamente alimenti di origine vegetale); seguiamo invece, se il nostro gusto personale ce lo consente, una dieta che equilibri tutti i prodotti della natura.
Tuttavia, quando è da poco iniziata la primavera così prodiga di saporite primizie dell'orto, vi invitiamo a non seguire per una volta le indicazioni dell'Artusi e le nostre, e vi proponiamo un menu interamente vegetariano.
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Niente appare più semplice e fresco di una bella insalata verde. La sola parola ci fa pensare a fragranti foglie di lattuga, ben lavate e asciugate una per una, sapientemente condite con olio d'oliva, aceto, sale e pepe nero.Una buona insalata ha due segreti: la preparazione e il condimento.L'insalata verde deve essere perfettamente lavata, ben asciugata senza strizzare (ottima l'apposita centrifuga) e fatta rinvenire in frigorifero prima di essere condita.Il condimento può consistere in una semplice vinaigrette (olio, aceto, sale e pepe) alla quale è possibile aggiungere altri ingredienti, quale senape, Tabasco, salsa Worcestershire o altro.In ogni caso, preparate il condimento direttamente nella insalatiera (meglio se di legno), aggiungete l'insalata all'ultimo momento e mescolate dopo aver portato in tavola.
La primavera offre una grande varietà di insalate di stagione: mescolatene di due o tre qualità, una delle quali rossa, scegliendo le foglie più tenere e senza mai tagliare con il coltello; potrete anche aggiungere erbe odorose, come crescione, basilico o dragoncello. Qualche volta non guasta qualche sapore in più: croccanti gambi di sedano a dadini, sottili fette di finocchio, peperoni verdi a striscioline….
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Il vino
L'accostamento del vino con gli ortaggi è tra i più difficili, trattandosi di
cibi poco grassi e dai sapori delicati: scegliete dei vini bianchi non eccessivamente
aromatici, o dei rosati leggeri. Una Malvasia Istriana o un Bardolino Chiaretto
andranno benissimo. Non accostate alcun vino alla insalata di arance, già molto
aromatica. Piuttosto terminate il pasto con un buon bicchiere di Moscato d'Asti
ben fresco, e naturalmente un buon caffè.
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