I legumi sono vegetali molto apprezzati per le loro qualità nutrizionali e possono essere
consumati sia singolarmente che in abbinamento con altri tipi di vegetali o come
contorno delle pietanze.
Essi appartengono alla famiglia delle Fabaceae, comunemente detta anche delle Leguminose. Si tratta di un gruppo di piante che condividono una serie di caratteristiche
comuni.
La dimensione della pianta può variare, così che esistono delle leguminose erbacee, delle leguminose arbustive e anche alcune piante arboree, strutturate come un albero, tra cui la mimosa. Anche le foglie sono particolari:
nella maggior parte delle famiglie sono palmate, ossia hanno una nervatura centrale
più tante piccole nervature che si diramano da essa nelle dimensioni; si distinguono
da altre foglie, ad esempio quelle della maggior parte delle graminacee, che invece
hanno nervature tutte parallele tra di loro.
La caratteristica che distingue tutte le piante appartenenti alla famiglia, senza
eccezioni, è il frutto: viene chiamato baccello, anche se per alcuni legumi particolari, “strozzati” in mezzo (caso tipico,
quello delle arachidi) si chiama lomento. Il baccello ha una fascia longitudinale detta sutura, che quando la pianta è giunta a maturazione si apre, facendo cadere i semi;
in agricoltura, i legumi vengono raccolti prima che possano cadere e poi vengono
estratti industrialmente o manualmente; in alcuni casi non vengono estratti e
il frutto, che è il baccello, viene consumato intero.
Ciò che generalmente si mangia delle leguminose, quelli generalmente chiamati
legumi, sono i semi della pianta, semi che in alcuni casi vengono consumati freschi o conservati
come freschi (fave, piselli) mentre in altri casi vengono fatti essiccare e poi
reidratati per il consumo oppure lavorati per la creazione di farina, o per l’estrazione
di concentrati proteici od oli. I legumi possono anche essere inscatolati in contenitori
a chiusura ermetica, coperti da un liquido, oppure surgelati.
La caratteristica botanica più importante che contraddistingue le leguminose
sono però in assoluto le loro radici. L’apparato radicolare è particolare, ma
soprattutto è diverso da quello di tutte le altre piante: nelle radici sono infatti
presenti una serie di cavità (dette tubercoli radicali) create per accogliere
dei microrganismi, in particolare dei batteri. Queste piante infatti hanno una
simbiosi con alcuni batteri, detti Rizobi, tra cui quelli del genere Rhizobium
leguminosarum, che crescono nella maggior parte delle radici delle leguminose
ma non di tutte (leguminose come la Sulla o la Soia hanno dei batteri particolari)
e la loro presenza è indispensabile alla crescita della pianta. Se il batterio
“giusto” per quella pianta non vive in quel terreno, essa non riuscirà a crescere.
I rizobi, infatti, hanno la capacità di fissare l’azoto atmosferico, ossia di
prendere quel 78% di azoto presente nella nostra atmosfera (che noi respiriamo,
ma che non prende parte ai processi respiratori) e lo trasformano in una forma
che sia assimilabile dalla pianta.
La pianta senza rizobio non ha disponibilità di azoto, perché a differenza di
altre piante ha perso nel corso dell’evoluzione la capacità di “cercarlo” nel
terreno per conto proprio, quindi se il terreno non ha il giusto rizobio le piante
non cresceranno; per permetterlo, magari perché le condizioni climatiche sono
adatte, bisogna portare nel campo un po’ di terreno dove il rizobio per quella
coltura è presente.
In alternativa bisogna sfruttare terreni dove qualche anno prima sono già state
coltivate piante della stessa specie, i cui rizobi siano ancora presenti nel terreno.
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L’importanza di questi batteri ha come diretta conseguenza l’alta percentuale
di proteine contenuta nei legumi: se si possono sostituire le proteine della carne
con quelle della soia, o dei fagioli, o dei ceci, è proprio perché ci sono dei
rizobi che, fissando l’azoto, lo rendono disponibile alla pianta per creare i
composti azotati di base, gli amminoacidi; catene di amminoacidi formano le proteine,
che vengono accumulate in tutte le parti della pianta, foglie comprese (importanti
per la mangimistica animale) e in particolare nei semi.
I rizobi, però, non arricchiscono solo le piante, ma anche il terreno stesso:
in agricoltura, i legumi sono definiti colture di arricchimento, generalmente
da alternare ai cereali che, invece, sono definiti depauperanti. Non avendo rizobi
che fissano l’azoto per loro, colture come il mais o il grano assorbono tutto
l’azoto già presente nel terreno, che l’anno successivo deve essere reimmesso
grazie alla semina delle leguminose.
È anche grazie a questo meccanismo che si può spiegare l’alta resa delle coltivazioni
e il fatto che produrre un chilo di proteine vegetali è molto più economico ed
ha un impatto minore sull’ambiente rispetto alla produzione di un chilo di proteine
animali.
Le varietà di legumi Nel mondo esistono tantissime varietà di leguminose, molte delle quali non sono
commestibili perché i semi sono troppo piccoli, o hanno un cattivo sapore, o ancora
non hanno un elevato valore nutrizionale. Esistono poi varietà coltivate solo
in alcune parti del mondo, anche molto diffuse, e piante che sono coltivate e
consumate solo in una specifica zona.
In Italia i legumi più importanti a livello sia economico che di consumo sono
sei: i fagioli, i ceci, le lenticchie, i piselli, le fave e la soia.
I fagioli Il fagiolo è una delle piante in assoluto più diffuse in Italia. Si tratta di
una pianta appartenente al genere Phaseolus, di cui la specie più diffusa è sicuramente
il Phaseolus vulgaris.
Entro questa specie, però, sono presenti numerose varietà, quelle che si possono
trovare anche nei supermercati: il fagiolo è infatti una pianta autogama, ossia
si feconda da sola (si feconda, non si clona come le banane) per cui le piante-figlio
saranno un po’ diverse dalla pianta-madre, ma i caratteri si fisseranno
sempre di più. È per questo motivo che i fagioli hanno colori, sapori, forme e
dimensioni così diverse tra loro, pur appartenendo alla stessa specie.
Il fagiolo è una pianta che arriva dal Sud America, e non era conosciuta dalle
antiche popolazioni europee. Nonostante questo, ad oggi ne vengono prodotte 18
milioni di tonnellate nel mondo, che lo rendono il secondo legume per importanza
mondiale dopo la soia. È una pianta rampicante, di durata annuale, per cui dopo
un anno di vita muore, lasciando nel terreno i semi che nasceranno l’anno successivo.
I semi verranno rilasciati quando la pianta è secca.
Come tutte le leguminose ha come frutto il baccello: tra le tante varietà che
compongono il fagiolo, ci sono delle differenze anche in termini di baccello.
In particolare, ci sono piante il cui baccello ha una grande sutura centrale
ed è molto fibroso, altre in cui la sutura è molto sottile e l’involucro è invece
molto carnoso. Queste due diverse varietà danno origine a due alimenti diversi:
con le prime, che tendono a far fuoriuscire e cadere il seme, si hanno i fagioli,
mentre con le seconde, di cui non si mangia solo il seme ma anche il frutto, si
hanno i fagiolini.
I fagiolini vengono raccolti dalla pianta quando sono ancora verdi, vegeti, raccolti
manualmente o da apposite macchine che lasciano però la pianta nel terreno, perché
continui a produrre baccelli fin quando non sopraggiungerà il processo di essiccamento.
I fagiolini si consumano freschi o si surgelano.
I fagioli, invece, vengono lasciati sulla pianta fin quando questa secca, poi
una volta morta si estirpa dal terreno, raccogliendo tutta la pianta. Se la raccolta
è manuale, dalle piante lasciate per qualche giorno ad essiccare sul terreno si
raccolgono poi i baccelli, semiaperti, e si estraggono i fagioli; industrialmente
ci sono delle macchine che macinano tutto e separano i fagioli secchi da tutto
il resto. Essendo secchi, la conservazione dei fagioli è più semplice, anche se
bisogna fare attenzione che non si formino muffe su di essi.
I ceci Il cece è una pianta leguminosa appartenente alla specie Cicer aretinum. Si tratta
di una pianta che in natura non esiste, ma viene solamente coltivata, presumibilmente
fin dall’età del Bronzo. Deriva da piante di altre varietà del genere Cicer, presumibilmente
tipiche della Turchia, e a differenza dei fagioli si è diffusa in medio oriente
e in Asia nell’antichità, così da essere ben conosciuta anche dalle popolazioni
romane e greche.
È la terza leguminosa per importanza di coltivazione nel mondo, e segue la soia
e i fagioli; ogni anno vengono coltivati a ceci 11 milioni di ettari di terreno.
Il cece, come il fagiolo, è una pianta annuale, e la fecondazione è autogama
come quella del fagiolo anche se le varietà che si trovano in giro per il mondo,
sebbene siano più di una, sono comunque meno numerose rispetto a quelle dei fagioli.
I semi possono essere lisci oppure rugosi, e il loro colore può variare dal giallo,
al rossastro, al marrone. Le dimensioni possono essere più o meno grandi, e in
alcuni mercati vengono apprezzati quelli di dimensioni maggiori, con scopo di
consumo diretto, mentre in altri si preferiscono semi più piccoli, per la produzione
di farina.
Il cece è una pianta che viene consumata solamente secca, anche perché necessita
di cottura per eliminare alcune sostanze che potrebbero essere dannose per la
salute dell'organismo. Non potendo essere consumata fresca, si aspetta che sulla
pianta compaiano i baccelli, che contengono solitamente uno o due semi, e che
la pianta inizi ad essiccare, e con essa i semi.
Le piante, che sono annuali, vengono quindi estirpate e lasciate nel campo ad
essiccare del tutto. A questo punto le piante vengono sgranate andando a estrarre,
manualmente o con dei macchinari nella produzione industriale, i semi dai baccelli
che comunque sono molto sottili.
I ceci vengono quindi immagazzinati e conservati, senza particolari accorgimenti
in virtù del fatto che essendo presente pochissima acqua non c’è modo per i microrganismi
di poter proliferare; nonostante ciò, alcuni parassiti attaccano i ceci in magazzino,
parassiti contro i quali vengono prese opportune precauzioni. I ceci vengono quindi
reidratati per poi essere consumati o per l’inscatolamento, oppure macinati per
la produzione di farina, alla base di molte produzioni tipiche anche nel nostro
paese.
Le lenticchie Le lenticchie, legumi appartenenti alla specie Lens culinaris, sono il terzo
legume che viene consumato secco, proprio come i ceci e i fagioli (in parte) e
differentemente dai successivi che vengono invece consumati freschi, ovvero i
piselli e le fave.
La lenticchia è uno dei legumi più antichi: i primi riferimenti ad essa appaiono
nel primo libro della Bibbia, la Genesi; la sua coltivazione era diffusa in Mesopotamia,
nella “mezzaluna fertile”, l’attuale Iran, dove era apprezzata proprio a causa
del suo alto valore nutrizionale.
Le lenticchie sono legumi di piccole dimensioni, che superano di poco il mezzo
millimetro di diametro, e crescono in baccelli che ne contengono uno o due. Si
tratta di una pianta annuale, piuttosto bassa e poco competitiva, dal momento
che le piante infestanti nella coltivazione sono difficili da rimuovere con le
macchine, motivo per cui l’estirpazione viene fatta generalmente a mano.
Questo è uno dei motivi per i quali la coltivazione della lenticchia è pochissimo
diffusa, tanto in Italia quanto in altri paesi, soprattutto a livello industriale.
La coltivazione della lenticchia è quindi importante solo per le economie locali,
in climi non freddi e semiaridi: resiste infatti bene ai periodi di siccità, quindi
la sua coltivazione in termini di irrigazione è abbastanza semplice.
Le piante sono autogame, si autofecondano come gli altri legumi sovradescritti,
ma le varietà sono comunque molto limitate, perché questa pianta non è mai stata
particolarmente selezionata nel corso della storia.
La maturazione dei semi avviene in periodi diversi anche sulla stessa pianta,
per cui la raccolta avviene quando la pianta inizia ad essiccare. Le piante vengono
estirpate dal terreno e vengono lasciate nei campi a seccare (in primavera o estate,
secondo il clima), quindi vengono sgranate, generalmente a mano, salvo alcune
varietà industriali che possono essere sgranate meccanicamente.
Nelle piccole comunità, a differenza di altre leguminose la pianta viene conservata,
in quanto costituisce un foraggio di alta qualità per gli animali, spesso presenti
nelle stesse aziende agricole dove si coltiva la lenticchia.
La conservazione, sebbene si debba fare attenzione agli attacchi parassitari,
è particolarmente semplice, e le lenticchie vengono vendute secche con scopo di
consumo.
I piselli I piselli sono legumi appartenenti alla specie Pisus sativum. Si tratta di un
legume che viene consumato prevalentemente fresco, anche grazie alle odierne tecniche
di surgelamento che consentono di non perdere l’acqua presente nei piccoli semi.
In alcune culture come quella indiana, tuttavia, si producono anche piselli che
vengono poi essiccati, per il consumo successivo.
Sono originari probabilmente del Medio Oriente e fin dall’antichità sono diffusi
sia in Asia che nelle nostre zone. Si tratta di una coltura che tuttavia non è
molto resistente alle temperature troppo alte, ma resiste bene ai climi freschi,
tanto da diventare nel medioevo una delle colture di base dell’alimentazione europea,
in assenza di molti altri alimenti che sarebbero stati importati dall’America
solo qualche secolo dopo.
Le piante possono essere alte, in base alle varietà, poche decine di centimetri
o anche qualche metro. Il fusto è molto esile, e le piante hanno bisogno di supporti
su cui rampicare per poter crescere in altezza; in caso contrario si adagiano
sul terreno, condizione non ottimale per la raccolta.
Una volta cresciute, le piante producono il loro frutto, il baccello, che contiene
da quattro a dieci semi, piselli. Le dimensioni dei singoli piselli possono essere
anche molto variabili tra loro.
Esistono molte varietà di piselli, e anche se possono sembrare tutte molto simili
in realtà ci sono differenze in base alla loro destinazione.
• Esistono delle piante orticole, piante che possono diventare molto alte e i
cui baccelli hanno periodi di maturazione diversa, così che per diverse settimane
si possano raccogliere piselli freschi. Le dimensioni dei semi possono variare.
• Esistono delle piante destinate all’industria, che devono essere invece di
piccole dimensioni, tutte molto simili, dalla maturazione dei baccelli quanto
più possibile coordinata e che riescano a restare verdi, senza seccare, anche
in caso di raccolta ritardata. In questo modo i macchinari agricoli possono raccoglierli
e sgranarli anche direttamente in campo. Anche in questo caso ci sono delle differenze:
- Se i piselli sono destinati all’inscatolamento (quindi ad essere conservati
in barattoli immersi in un liquido) e al consumo freschi, si cercano semi più
piccoli, di color verde chiaro e lisci;
- Se sono destinati al surgelamento si cercano piselli di color verde scuro e
rugosi, dai semi più grandi;
- Se, infine, i semi sono destinati all’essiccamento, si cercano semi quanto
più piccoli possibili, per risparmiare sulle spese di trasporto; i semi in questo
caso dovranno poi essere ricostituiti in acqua.
La conservazione del pisello varia ovviamente in base alla tecnica utilizzata,
in relazione alla quale è diverso anche il modo di consumarli.
Le fave
La fava è una pianta leguminosa appartenente alla specie Vicia faba. Conosciuta
fin da tempi molti antichi e sempre consumata nella nostra penisola e precedentemente
in Grecia, sembra sia di derivazione mediorientale.
Per l’alimentazione umana viene consumata prevalentemente fresca, ma quantitativamente
è più importante la produzione di fave secche, destinate però all’alimentazione
animale.
La pianta è piuttosto alta, può raggiungere un metro e mezzo d’altezza anche
se di solito arriva ad un metro, e la sua crescita è molto veloce. Una volta raggiunta
la fioritura, la pianta si può fecondare da sola oppure può essere fecondata dalle
vicine, caratteristica che la rende un legume più resistente rispetto agli altri.
Ogni baccello contiene dai due ai dieci semi, e le dimensioni possono essere
anche molto diverse tra seme e seme. Possiamo però distinguere due tipologie di
pianta, in particolare:
• La Vicia faba maior, o fava grossa, è caratterizzata dall’avere i semi grandi;
i baccelli vengono raccolti a mano dalla piantagione quando sono immaturi, ovvero
ancora verdi, e sono adatti alla sgranatura e al consumo fresco, ma anche all’inscatolamento
oppure al surgelamento. È una varietà prevalentemente orticola, vista la difficoltà
di raccogliere i baccelli con i macchinari.
• La Vicia faba minor, detta anche favino, si può usare fresca per l’alimentazione
umana ma di solito le piante vengono lasciate essiccare direttamente in campo,
in modo che il seme giunga a maturazione completa, seccando; poi appositi macchinari
tagliano le piante e sgranano il baccello, così da produrre il legume secco.
Il legume secco viene difficilmente consumato dall’uomo, mentre quello fresco
può essere consumato subito oppure, previa sgranatura, può essere surgelato e
consumato più avanti pur mantenendo la catena del freddo.
Il favismo In alcune parti del mondo e anche in alcune regioni italiane, come la Sardegna,
si tramanda geneticamente una disfunzione denominata favismo. Si tratta della carenza di un enzima tipico dei globuli rossi, che espellerebbe
delle sostanze per loro dannose. Queste sostanze sono contenute proprio nelle
fave, e chi soffre di questa carenza, se le ingerisce ma a volte semplicemente
venendo in contatto con i pollini prodotti dalle piante, rischia a distanza di
12-24 ore la rapida distruzione della metà dei propri globuli rossi, causando
così un grave stato anemico. Febbre alta, mucose pallide, urine rosse sono i sintomi
del favismo che ha come terapia immediata, se si manifesta, una trasfusione di
sangue proveniente da un soggetto sano.
La soia Alla soia, il legume più consumato al mondo, è dedicato un approfondimento nella relativa pagina.
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