Quasi sconosciuta fino agli anni '80 in Italia, dove ancora oggi viene coltivata
poco
per ragioni agronomiche, la Soia è un legume molto ricco di proteine, e questo la rende perfetta per l’alimentazione animale, specialmente da quando nel comparto bovino sono stati vietati i mangimi di
origine animale; se oggi è possibile mangiare una bistecca bovina, il merito è
della soia che fornisce all’animale la quota proteica necessaria a poterla produrre.
Il suo successo commerciale, tuttavia, risiede nella diffusione di tendenze alimentari
particolari, come la corrente vegetariana (persone che non si nutrono di carni) e la corrente vegana (persone che non si nutrono di prodotti di origine animale in generale). Dal
momento che i fabbisogni nutrizionali di queste persone sono uguali a quelli di
coloro che mangiano carne e prodotti di origine animale, ciò ha fatto sì che uno
degli alimenti più ricchi di grasso e proteine, si proponesse come un degno sostituto.
Storia della Soia La soia è una pianta leguminosa, legume originario dell’Asia, non utilizzabile “tal quale”, ovvero appena raccolta,
perché deve necessariamente subire trattamenti tecnologici, anche molto semplici,
prima di poter essere consumata.
Nel 1940 il produttore principale di questo alimento era la Cina, dove era anche
molto consumata, ma a seguito di una crescente richiesta del mercato ad oggi il
produttore principale risulta essere il Brasile (dati 2014), con 90 milioni di
tonnellate, seguito dagli Stati Uniti, con la Cina scesa al quarto posto per produzione.
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La soia, Glycine max, in natura non esiste, o quantomeno non si sarebbe formata spontaneamente ma sembra sia stata creata
attraverso una varietà di incroci effettuata in Oriente, circa 5000 anni fa; la
varietà selvatica, che appartiene allo stesso genere, è la Soia selvatica, Glycine soja.
Importata in Europa per la prima volta nel XVIII secolo, la soia fu dapprima
coltivata e studiata nei giardini botanici, per poi diventare in Occidente una
coltura da reddito agli inizi del ‘900.
Tra i derivati della soia, il cosiddetto “latte di soia” è stato il prodotto che ha promosso l’utilizzo del vegetale, con una produzione
tipica della Cina, dove è consumato da millenni (nonostante non sia mai stato
utilizzato come sostituto del latte vaccino, come avviene invece oggi); la commercializzazione
in Europa è iniziata agli inizi del ‘900, ottenendo però un successo in larga
scala solo in tempi più recenti, quando è stata proposta, opportunamente modificata (per rendere il sapore più
simile a quello del latte) in Oriente, prendendo il posto della bevanda di soia
tradizionale.
Il latte di soia è la base per la produzione di altri alimenti molto consumati
come il Tofu.
Soia: botanica e coltivazione La soia è una pianta molto simile a quelle, più tradizionali, del fagiolo o del
cece. È una leguminosa, annuale, quindi la pianta muore se non tagliata alla fine di ogni anno, con
i semi che germogliano di nuovo l’anno successivo. Essa può crescere in base alle
varietà fino ad un’altezza di 20 cm quando rimane per terra (crescendo quindi
in orizzontale) per arrivare ad un’altezza di 2 metri quando ha un portamento
eretto. Le foglie sono trifogliate come quelle della maggior parte delle leguminose,
i fiori vanno dal colore bianco al viola ed hanno la capacità di autofecondarsi
per garantire la sopravvivenza della pianta in situazioni di difficoltà dando
origine ad una pianta identica alla pianta madre. I frutti sono dei baccelli,
legumi, della lunghezza che va dai 3 agli 8 cm e che contengono tre o quattro semi di diametro che vanno dal mezzo centimetro al centimetro.
Come altre leguminose, le radici di questa pianta sono porose, e ospitano i cosiddetti
rizobi, batteri che vivono in simbiosi con la pianta e che sono in grado di fissare
l’azoto, permettendo alla pianta di assorbirlo. Poiché l’azoto è il componente
di base delle proteine di cui la soia, come altri legumi, sono ricchi, la loro
ricchezza proteica è possibile proprio in virtù della presenza dei rizobi radicali.
Il batterio che vive in simbiosi con la soia è il Bradyrhisobium japonicum.
La coltivazione della soia richiede notti lunghe e giornate brevi, perché è molto
sensibile alla luce se non per le varietà precoci, mentre l’irrigazione non deve
essere abbondante (la soia richiede metà dell’acqua richiesta dal mais) ma è comunque
necessaria, a differenza di altre leguminose, se non in zone caratterizzate da
piogge molto abbondanti.
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Si avvicenda in coltivazione alle graminacee, che impoveriscono il suolo, in
quanto è in grado di arricchirne la fertilità (lo lascia ricco di azoto, mentre
le graminacee come il mais lo depauperano). Tuttavia deve essere coltivata in
un terreno dove la soia è già stata coltivata, perché se in quel terreno non è
presente il batterio simbionte la pianta non crescerà, a meno che il batterio
venga prima inoculato nel terreno.
La soia si raccoglie quando la pianta ha perso completamente le foglie e i semi
sono marroni, insomma, quando la pianta, di fatto, è morta, periodo che almeno
in Italia va da settembre ad ottobre. A quel punto può essere essiccata oppure
conservata in ambiente umido.
Caratteristiche nutrizionali La soia è uno dei prodotti di origine vegetale più nutrienti in assoluto. Al
di là delle produzioni che vengono fatte a partire dai semi, qui viene analizzata
la composizione del prodotto di base, ovvero il seme di soia essiccato, ove il
processo di essiccamento inizia già sulla pianta prima della raccolta.
Componente
Quantità (g/100g di prodotto)
Acqua
9.5
Proteine
36,9
Lipidi
19,1
Colesterolo
--
Carboidrati
23,2
Amido
11,1
Fibra
11,9
Energia (kcal/100g)
407
Sodio (mg)
4
Potassio
1740
Ferro
7
Calcio
257
Fosforo
591
Se si confronta questa tabella con la maggior parte delle tabelle nutrizionali
degli alimenti, ci si accorge di come le differenze con altri prodotti vegetali
siano davvero notevoli. La caratteristica che maggiormente salta all’occhio è
la presenza di un altissimo contenuto di proteine, che costituiscono quasi la metà del seme, ed è proprio questa caratteristica
che rende la soia perfetta per l’utilizzo in mangimistica o in sostituzione delle
proteine della carne, nonostante un costo tutto sommato molto sostenibile. Anche
i grassisono abbondanti, e questo permette di estrarre anche l’olio dalla soia, ciò
che con la maggior parte di altri legumi non si può fare. Il colesterolo ha valore zero, insomma è assente, essendo un prodotto di origine animale, sintetizzato
solamente da cellule animali (e anche umane). Gli zuccheri sono pochi, anche se la loro presenza permette di produrre prodotti come i fiocchi,
che utilizzano i legami con i carboidrati, mentre le fibre sono contenute per
lo più all’interno della buccia del seme (quella che nel legume ammollato si chiama
“pellicina”) e va a scomparire quasi totalmente se il seme, come avviene nelle
preparazioni industriali, viene privato della sua buccia. Si nota infine una bassa
presenza di sodio, così come di ferro ed un rapporto calcio/fosforoa favore del secondo: questi svantaggi nutrizionali intrinseci del seme vengono
generalmente corretti dall’industria, che inserisce nei prodotti come il “latte
di soia” sostanze atte proprio a correggere tali carenze.
Isoflavoni Un po’ di scalpore in termini nutrizionali è stato destato dalla presenza di
Isoflavoni all’interno della soia. Si tratta di molecole che, per la loro conformazione
chimica, assomigliano molto agli estrogeni che l’ovaia femminile (e, in parte, la ghiandola surrenale maschile) produce.
La loro somiglianza fa sì che i recettori cellulari umani, le strutture che sono
in grado di “capire” quando ci sono in giro degli estrogeni ed agire di conseguenza,
reagiscano anche agli isoflavoni. L’isoflavone si comporterebbe quindi come un estrogeno, stimolando il ciclo mestruale, innalzando la glicemia, interferendo con la
menopausa e causando tutti gli effetti tipici di questi ormoni.
Gli studi, ad oggi, hanno rilevato che l’azione simil-estrogenica degli isoflavoni
è circa 1000 volte più debole rispetto a quella dell’estradiolo (l’estrogeno principale
prodotto dalle ovaie) per cui per avere la stessa azione di un grammo di estrogeno
si dovrebbero ingerirne mille di isoflavone.
La società francese che si occupa di sicurezza alimentare, l’ANSES (ex AFSSA),
studiando il problema, ha concluso che un quantitativo inferiore a 120 mg/giorno
per kg di peso corporeo di isoflavoni non causano problemi alla salute. Ha quindi
applicato un fattore di correzione di 100 ed ha stabilito che non andrebbe mangiato
più di 1 mg/giorno per kg di peso corporeo di isoflavone. 100 grammi di semi di
soia contengono all’incirca 80 mg di isoflavone (nei prodotti trasformati il quantitativo
cambia) per una persona che ad esempio pesa 80 kg, sarebbe opportuno non assumesse più di 100 grammi di semi di soia al giorno.
La soia OGM Nel 1995, la multinazionale Monsanto ha proposto sul mercato una tipologia di
soia OGM, modificata aggiungendo un gene proveniente da un batterio del genere
Agrobacterium, che rende la soia resistente all’erbicida glifosato, erbicida che, se sparso
nella coltivazione, causerebbe la morte della pianta di soia non OGM.
L’impiego di questo tipo di soia ha ottenuto molto successo in America, perché
è possibile distruggere le piante infestanti spandendo il pesticida molto economico
senza il rischio di danneggiare la soia, il che aumenta di molto la produttività;
l’alternativa sarebbe stata la disinfestazione meccanica, molto più dispendiosa
in termini di tempo e di denaro.
In Italia, la coltivazione della soia OGM è al momento proibita, ma non la sua
commercializzazione, impiegata soprattutto in mangimistica animale.
È opportuno ricordare che l’agricoltura biologica, da Reg. CE 834/2007, vieta
l’utilizzo di coltivazioni OGM, siano queste anche provenienti da paesi esteri,
per cui mangiando la soia biologica non c’è il rischio di assumere queste sostanze;
comunque, l’etichettatura dei prodotti contenenti ingredienti OGM obbliga, da
Reg. CE 1830/2003, a scrivere “contiene (nome dell’organismo, p.e. Soia) geneticamente
modificato” in etichetta, qualora l’ingrediente OGM costituisca più dello 0,9%
del contenuto del prodotto.
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