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CIBO E AMBIENTE | A cura di Alessandra Mallarino |
Ogni volta che si va a fare la spesa, si entra al supermercato o ci si reca al
mercato, si compiono delle scelte che non si rifletteranno solo sulla salute dell’individuo,
ma anche sull’ambiente.
Si sa benissimo che mangiare frutta e verdura di stagione permette all’organismo
di introdurre tutte quelle vitamine, sali minerali, sostanze antiossidanti e acqua di cui ha bisogno soprattutto in quel particolare periodo dell’anno. Quando
in inverno, ad esempio, si è particolarmente soggetti a contrarre influenze e
raffreddori, consumando frutta e verdura ricca di vitamina C si può prevenirli e combatterli. Madre natura, infatti, mette a disposizione
dell’uomo arance, mandarini, pompelmi, kiwi, cavoli e cavolfiori, tutti presenti
nei mesi autunnali e invernali, preziosi alleati della salute.
Il cibo da una parte assume una concreta valenza assolutamente nutrizionale,
di cui le numerose ricerche e studi hanno assodato la gran parte delle proprietà
organolettiche e funzionali per ciascuna categoria, ma dall’altra deve anche assumere
una valenza ambientale, poiché ogni cibo compie un particolare percorso per raggiungere
le tavole, e molto spesso questo fattore lo si ignora, o meglio lo si conosce
solo parzialmente.
Da dove arrivano le fragole da preparare in macedonia? Da dove proviene l’arrosto
che cuoce sui fornelli e l’ananas che si sta affettando? Queste e tante altre
domande possono sorgere in tutti e certamente un grande e valido aiuto arriva
dalla semplice lettura dell’etichetta, grazie alla quale per molti alimenti si
forniscono indicazioni precise sulla provenienza.
L’etichetta è la carta d’identità del cibo, ed è per legge molto precisa, soprattutto per
alcune categorie come ad esempio per la carne bovina o di pollo.
A seguito degli scandali alimentari legati alla BSE e all’influenza aviaria, l’etichetta ha subito delle profonde trasformazioni, permettendo al consumatore
un cammino più chiaro verso la tracciabilità e la garanzia di una sicurezza alimentare.
Stesso iter è stato seguito per altri alimenti, quali le uova, il latte fresco,
l’olio extravergine di oliva, in cui leggendo l’etichetta è possibile riscontrare
molte informazioni relative al luogo di produzione, al paese, al produttore ecc.
Fino a qui, tutto chiaro, l’etichetta è un valido aiuto per conoscere meglio
il cibo che si acquista, ma la riflessione sugli acquisti dovrebbe andare ancora
oltre alla mera lettura, soffermandosi sulla distanza chilometrica che il cibo
percorre e sull’inquinamento prodotto a seguito e conseguentemente al suo trasporto.
Ad esempio l’alimento che percorre il suo viaggio verso le tavole delle case o
dei ristoranti, su camion, su un aereo, quanti chilometri ha percorso? O ancora,
quanta acqua è impiegata per produrre la pasta che si sta consumando? Quanta ne
è necessaria per produrre il granoturco che andrà a soddisfare i fabbisogni di
un allevamento bovino?
Queste e molte altre sono le domande che un consumatore critico e consapevole
dovrebbe porsi, per comprendere il significato del mondo legato al cibo, e andare
oltre agli aspetti molto importanti della nutrizione e della scienza dell’alimentazione,
acquisire cioè una sempre maggiore sensibilità sul peso delle proprie scelte alimentari
nei confronti del pianeta.
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Il cibo ha un costo, si sa, ma quando si giunge alla cassa del supermercato per
effettuare il pagamento, si sa tale costo da che cosa è prodotto? Il latte, ad
esempio; da cosa è motivato il prezzo al litro e quanta energia si consuma per
produrre un litro di latte, a quali risorse naturali si fa appello?
Per produrre un litro di latte, è fondamentale partire dalla terra, cioè da un
appezzamento terriero che sarà dedicato alla semina e coltivazione di erbe e cereali;
“il pranzo e la cena” dei bovini.
Per produrre un litro di latte, partendo dalla terra e da ciò che in essa viene
coltivato, è possibile dire che sono necessarie dalle 9 alle 11 MJ/litro di latte
come consumo di energia, ciò produce da 1 a 2 Kg Co2 eq/litro di latte di gas
(effetto serra), e ben circa 1000 litri di acqua necessari per la coltivazione,
la raccolta, l’energia ecc (sempre per un litro di latte). Senza contare che il
latte va poi contenuto in una bottiglia, che molto spesso è di plastica, e dunque
vi è da considerare anche il “peso” della scelta del materiale, che per quanto
si raccolga in maniera differenziata è sempre uno dei tanti materiali inquinanti
prodotti dall’uomo.
La stessa FAO ha evidenziato, in una sua relazione, quale sarebbe l’impronta
ecologica del latte, o meglio della filiera del latte, e i dati metterebbero sotto
la lente di ingrandimento il prodotto, poiché avrebbe un certo peso sulla globale
emissione a effetto serra. Si conterebbero all’incirca un 3% di gas climalteranti
a carico della sopra citata filiera.
Il lavoro è cominciato nel 2006 dall’ONU attraverso la “Livestock’s Long Shadow”,
grazie alla quale si rileva che il 18% delle emissioni totali sarebbe a carico
del settore zootecnico.
A tal riguardo ecco allora spuntare il concetto di Carbon Footprint anche chiamato o meglio tradotto in impronta carbonica.
Ogni piatto che arriva sulle tavole, siano esse quelle domestiche o quelle di
un ristorante, compie un certo percorso. Bene: una catena di ristoranti internazionali
vegetariani, la “Otarian”, ha deciso di indicare direttamente sul menù la C02
prodotta e liberata in atmosfera per creare ogni singola pietanza del menù, ciò
che sta accadendo nei ristoranti facenti parte della suddetta catena a New York
e a Londra. Il cliente, in questo modo conosce quale può essere l’impatto della
propria scelta alimentare sull’ambiente nel quale vive. A ogni scelta, infatti,
vi è indicato il corrispettivo legato all’impronta carbonica, con il paragone
a fianco di un piatto a base di carne e le ovvie differenze.
Il calcolo considera tutta la filiera, partendo dalla raccolta delle materie
che andranno a costituire la pietanza, al loro trasporto (su strada, via mare,
o tramite aereo), l’energia impiegata per la preparazione, la cottura, nulla è
tralasciato!
La stessa catena ha inoltre introdotto, come in realtà stanno facendo anche altre
realtà simili, una certa sensibilità nella scelta del packaging, che si sa quanto
abbia anch’esso un peso sull’ambiente.
Di seguito una tabella che evidenzia in base ad alcuni semplici esempi, il consumo
di Co2 in relazione alla distanza compiuta dal viaggio da un paese lontano verso
l’Europa.
alimento | Paese di provenienza | Petrolio consumato | CO2 Prodotta |
1 KG ARANCE | BRASILE | 5,5 KG | +17,2 Kg |
1 litro di vino | AUSTRALIA | 9,4 KG | + 29,3 KG |
1 Kg Prugne | Cile | 7,1 kg | + 22 kg |
1 kg Carne | Argentina | 6,7 Kg | + 20,8 kg |
Sullo stesso filone si pone l’etichetta Water Footprint ovvero un’etichetta che comunica e informa il consumatore sul quantitativo di
acqua che è stato utilizzato per produrre l’alimento appena acquistato. I due
concetti, Carbon Footprint e Water Footprint, sono in effetti particolarmente
collegati e logicamente appartengono a un’unica filosofia fondata sul rispetto
ambientale.
Gli studi di settore su questo argomento sono moltissimi e tra i più interessanti
vi è quello seguito e compiuto dalla Global Environmental Change, in cui si evidenzia
che per produrre il famoso sacchettino giallo contenente le caramelle di cioccolato
(M&M) sono necessari ben 1000 litri di acqua.
L’acqua rientra nella produzione di tutte le cose che vengono quotidianamente
consumate, come ad esempio la carne sia essa rossa o bianca, il latte precedentemente
citato, la farina per il pane e la pasta, il riso, la frutta e la verdura, ovviamente
in quantità diverse.
Qualche esempio?
Alimento | Acqua necessaria per produzione |
grano | 1300 litri per 1 kg |
Riso | 3400 litri per un kg |
Una mela | 70 litri |
Carne bovina | 15.300 litri per 1 kg |
Pollo | 3900 litri per 1 kg |
Maiale | 4800 litri per 1 Kg |
birra | 75 litri di acqua per un bicchiere |
Caffè | Per una tazzina servono 140 litri di acqua |
Per calcolare la personale impronta idrica, basta inserire i dati richiesti nel
sito:
http://www.waterfootprint.org/?page=cal/WaterFootprintCalculator
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Bibliografia:
- Galdo A., Non sprecare. La vita, il corpo, le risorse, il cibo, le parole. Viaggio tra
i pionieri di un nuovo stile di vita, ed Mondolibri, aprile 2009.
- Focus, n.198, aprile 2009
- Salina I., Per Amore dell’Acqua, Il Pianeta vive, l’acqua lo nutre. ed Feltrinelli, giugno 2009
- Ciervo M., Geopolitica dell’Acqua, Carocci Editore, luglio 2009.
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