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Il TAE KWON DO |
A cura di Lidia Katia C. Manzo |
Sviluppo storico
Il Tae Kwon Do, per anni considerato come una varietà di Karate coreano, ha in
realtà una solida cultura di base. Le sue origini si fanno risalire al 50 a.C.,
quando l'attuale Corea era divisa in tre regni: Silla, Koguryo e Paek Che. Il
più piccolo di essi, Silla, sviluppò e perfezionò un sistema di difesa e attacco,
chiamato Tae Kyon "combattimento con le gambe", che contribuì molto alle vicende storico militari del regno. Si narra che l’antica
dinastia della nobiltà guerriera “Hwa Rang”, Fior della gioventù, grazie a queste tecniche riuscì a difendersi dall'attacco degli invasori e
riunificare il paese. Anche negli altri regni si diffusero man mano diverse forme
di lotta di cui restano ampie tracce nei dipinti che affrescano i soffitti di
Muyong-chong, una tomba reale della dinastia Koguryo. Questa misteriosa arte del
combattimento, che nella storia assunse diversi nomi (Subak, Taekkyon, Hwarangdo,
...), si diffuse a tal punto da divenire molto popolare tra gli usi e i costumi
locali. Quando, nel 1910, il Giappone invase la Corea e vietò la pratica di ogni
arte marziale, alcuni maestri furono costretti ad emigrare mentre altri continuarono
a praticare il Tae Kyon clandestinamente. Al termine della seconda guerra mondiale
il Giappone, sconfitto, ritirò le sue truppe dalla Corea, che tornò ad essere
libera e con essa anche la pratica delle arti marziali. Le diverse scuole di combattimento
ripresero vigore e negli anni ‘50 si unificarono prendendo il nome definitivo
di Tae Kwon Do. Il Tae Kwon Do divenne sport nazionale (fu inserito nei Giochi
Nazionali Coreani fin dagli anni '60) e contemporaneamente iniziò a diffondersi
grazie all’opera di istruttori coreani che lo esportarono in tutto il mondo.
La presentazione in Italia è avvenuta ufficialmente in seguito alla dimostrazione
effettuata a Roma nell’ottobre del 1965 dai Maestri Park Sun Jae, Park Young Ghil
e Park Chun Ung facenti parte dell’allora FITAK, Federazione Italiana Tae Kwon Do e Karate. Oggi
nel nostro paese questa disciplina è riconosciuta dal CONI alla FITA, Federazione
Italiana Taekwondo, sotto l’egida internazionale della WTF, World Taekwondo Federation.
Sport Olimpico
In occasione dell’edizione coreana delle Olimpiadi, Seoul nel 1988 ospitò la prima dimostrazione olimpica di Tae Kwon Do. A questa manifestazione di benvenuto faranno seguito anche i giochi di Barcellona ‘92, fino al riconoscimento ottenuto a Sidney nel 2000 come sport olimpico ufficiale. Un traguardo importante che è stato raggiunto dal Tae Kwon Do grazie al crescendo di popolarità e successo degli ultimi anni.
Applicazioni pratiche
Lo studio del Tae Kwon Do moderno ci offre un’idea degli antichi metodi di combattimento
senza armi, basati sull’uso predominante e specializzato di parti del corpo umano
per sferrare i colpi. Non possiamo non rimanere impressionati dalle tecniche d’attacco,
contrattacco e difesa in cui braccia e gambe agiscono con straordinaria efficacia.
Il corpo, MOM, è suddiviso in tre parti:
Le tecniche sono il risultato di azioni eseguite sia con le mani/braccia che con le gambe, o anche con il solo spostamento del corpo.
Nome della Tecnica | Significato | |
SEOGHI | Posizione | |
JIRUGI | Colpire un bersaglio con il pugno | |
CIRUGHI | Colpire con la mano aperta o con le dita | |
CIGHI | Colpire con il taglio della mano | |
CIAGHI | Tirare i calci che possono essere: | AP-CIAGHI frontale YEOP-CIAGHI laterale DOLLYO-CIAGHI circolare DWI-CIAGHI all’indietro MOMDOLLYO-CIAGHI circolare all’indietro BITURO-CIAGHI all’esterno TWIO-CIAGHI in volo |
MAKKI | Difese, parate | |
MOM UMJIGHIGHI | Movimenti del corpo | |
POOMSE | Forme | Insieme preordinato di tecniche di attacco e difesa in sequenza motivata, eseguite contro avversari immaginari. Attraverso questa pratica gli allievi imparano l’applicazione delle varie tecniche in relazione al loro grado. |
Combattimenti in gara
Gli atleti, divisi per sesso, età e categorie di peso (otto), indossano la tradizionale
divisa bianca (dobok) con cintura, sono muniti di protezioni (casco e corpetto)
e si affrontano su un quadrato di 12m x 12m. I colpi validi per il punteggio possono
essere diretti solo sul tronco o al volto dell'avversario usando il piede; usando
il pugno il solo bersaglio valido è il tronco. Il combattimento, della durata
di tre riprese, di tre minuti ciascuna e 60 secondi di intervallo, è diretto da
un arbitro centrale coadiuvato da tre giudici d'angolo. Dai punti validi si sottraggono
le eventuali penalizzazioni per tecniche proibite (spingere, colpire il viso col
pugno, colpire col ginocchio, atterrare l'avversario ecc.). L'incontro di Tae
Kwon Do, oltre che con la vittoria ai punti, può concludersi per abbandono, squalifica,
K.O. o intervento arbitrale. (Regolamento della Federazione Italiana Taekwondo)
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Consiste nella rottura di tavolette di legno o mattoni mediante tecniche di pugno o di calcio. Questo aspetto del Tae Kwon Do non rappresenta però una vera e propria specialità come possono esserlo le forme o i combattimenti, piuttosto una dimostrazione da utilizzare per far leva sulla spettacolarità e la performance. A livello di apprendimento le tecniche di rottura possono invece costituire un’utile pratica per lo sviluppo della focalizzazione energetica ovvero quella specifica abilità delle arti marziali di concentrare in un unico impatto la massima forza ed energia, il ki (inteso come fonte di energia, spirito, carattere), in un preciso istante . Eseguire una tecnica di rottura senza ferirsi significa aver raggiunto, dopo una lunga pratica, quella particolare disposizione d’animo e di spirito che porta al massimo la concentrazione e il controllo della potenza muscolare.
La filosofia del Tae Kwon Do
Il Tae Kwon Do è molto di più di un combattimento finalizzato allo sviluppo fisico e tecnico: esso è infatti rivolto soprattutto ad un affinamento etico e morale dei suoi praticanti. L’allenamento per la coordinazione mente-corpo è un modo per entrare in armonia con se stessi attraverso lo sviluppo dell’individuo lungo la via, quel “Do” che significa cammino verso un’arte che si sceglie di seguire. I veri Maestri di Tae Kwon Do sono stimati per la personalità serena che deriva dal loro vivere nel tempo presente le leggi della natura e le energie vitali in completa sintonia con se stessi. Una visione che trae le sue origini dalla filosofia buddista (introdotta durante il regno di Koguryo dalla Cina nel 347 d.C.). Il concetto fondamentale è rappresentato dall’eterno dualismo yin e yang delle antiche arti cinesi ovvero all’equilibrio di due forze opposte e complementari. Se, ad esempio, un avversario si saprà dimostrare aggressivo, il difensore dovrà, invece, procedere con cedevolezza; in questo modo si sfrutterà l’energia negativa dell’aggressore a nostro favore, trasformando ciò che era duro all’inizio in morbido e permettendo all’energia di rigenerarsi come un cerchio che si chiude. Ecco che anche il Tae Kwon Do rivela il suo processo di evoluzione dualistica: duro e morbido, lineare e circolare, fisico e mentale. I Maestri, dunque, si richiamano ad un sistema di etica e morale che motiva ed ispira la loro pratica dall’interno e la guida verso il raggiungimento di livelli ignoti, ben al di là dei confini immediati e ristretti del combattimento fra uomini. I principi formatori del Tae Kwon Do seguono sia la filosofia buddista che l’antico codice d'onore dei guerrieri Hwarang. In questi undici comandamenti traspare la vera essenza da tramandare nell’arte marziale:
Bibliografia:
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