Il cosiddetto Baby Nuoto è un metodo innovativo, consigliato da esperti in neonatologia e da ostetriche
professionali, che consente uno sviluppo armonico degli infanti.
Dal momento che il bambino che è rimasto per mesi all’interno della madre avvolto
in una sacca liquida che ne ha preservato la sopravvivenza, egli conosce bene
l’ambiente acquatico. L’acqua potrebbe, allora, essere un dejà vu per il bambino, un’esperienza già provata e dalla quale si è sentito separare
attraverso l’evento “traumatico” della nascita. Il neonato immerso presto nell’acqua,
infatti, percepisce una sensazione di equilibrio corporeo, identificando questa
situazione come qualcosa di non totalmente sconosciuto e allo stesso tempo come
un ambiente esterno con il quale cominciare a prendere familiarità.
L’apprendimento motorio in acqua
Il bambino, immerso in piscina, sin da subito, anche in assenza di movimento,
rivela la disposizione o l’intenzione di un agito o di un desiderio di comunicazione
grazie alla presenza di un’attività tonica che esprime un determinato livello
di vigilanza, disponibile a una eventuale azione. Con il tempo, infatti, l’ambiente
acquatico consente, anche grazie all’assenza di gravità, una serie di gesti e
movimenti che si snodano in contemporaneità o in successione e che ottengono delle
regolazioni toniche, un miglioramento del grado di precisione, di plasticità e
di armonia. A rafforzare la scelta del baby nuoto è anche la considerazione che
i neonati possiedono un “riflesso del nuoto” che gli permette, una volta sorretti
nell’acqua in posizione ventrale, di muovere braccia e gambe. Il “riflesso del
nuoto”, come tutti gli altri riflessi – riflesso di suzione, riflesso di Moro,
riflesso di prensione, ecc – è un comportamento involontario, determinato da connessioni
neuromuscolari controllate dal midollo spinale e dal midollo allungato, che scompaiono
o si trasformano in atti volontari in concomitanza con la maturazione dei centri
corticali. Nello specifico, tra i 4 e gli 8 mesi di vita il controllo attivo della
corteccia si estende ai nervi spinali superiori consentendo il controllo volontario
degli arti superiori, mentre tra gli 8 e i 14 mesi il controllo della corteccia
si estende agli arti inferiori. Alla luce di quanto detto, il bambino piccolissimo
non deve imparare a nuotare poiché, in modo istintivo, è già in grado di farlo,
mentre chi inizia a nuotare quando il movimento delle braccia e delle gambe sono
già sotto il controllo della corteccia cerebrale, deve imparare tutto dall’inizio.
Si capisce, quindi, come nuotare può allora immediatamente entrare a far parte
della memoria motoria del bambino. Aspetto fondamentale dell’apprendimento motorio
in genere, infatti, è dato dalla capacità di riconoscere e rievocare sequenze
motorie, posture corporee, percezioni relative a tensioni muscolari, ecc. Si tratta
della memoria motoria che consente al soggetto di accedere a un’ampia varietà
di informazioni senso-percettive, oppure di scegliere la serie di movimenti più
adeguati a una certa azione motoria già sperimentata. Queste considerazioni hanno
importanti conseguenze psicopedagogiche: esse indicano in modo molto chiaro la
necessità che il bambino si sviluppi in un ambiente caratterizzato da stimolazioni
adeguate alle sue potenzialità. Del resto non ci può essere maturazione al di
fuori di un giusto contesto esperienziale. Così, una volta compiute le prime vaccinazioni
obbligatorie – intorno al terzo mese – e le visite di routine – esami diagnostici
al cuore e alle anche – il bambino può fare il suo primo corso di nuoto.
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La relazione nel baby nuoto
Il baby nuoto implica la presenza in acqua di un istruttore specializzato per
neonati, di solito un’ostetrica o comunque personale adeguatamente formato, e
uno o entrambi i genitori. Compito del personale specializzato è quello di indicare
gli esercizi che il neonato può svolgere in acqua tenendo conto della sua età
e della sua maturazione fisiologica al fine di potenziare quelle abilità non ancora
presenti ma di immediato sviluppo. Infatti, con un po’ di assistenza e qualche
esercizio, un bambino sano, grazie al “riflesso del nuoto”, può muoversi agevolmente
in piscina. Per farlo nuotare in superficie è sufficiente che qualcuno gli sorregga
la testa fuori dall’acqua, tenendolo sotto le ascelle, in posizione ventrale,
o appoggiando la sua testa sul collo dell’educatore in posizione supina. I vari
esercizi proposti, infatti, se organizzati nel migliore dei modi possono rappresentare
una prima educazione al movimento attraverso:
- lo sviluppo degli schemi motori e posturali di base, indispensabili all’organizzazione
del movimento e del controllo del corpo;
- il rafforzamento della muscolatura e della spina dorsale;
- lo sviluppo delle prime capacità motorie e l’apprendimento delle prime abilità
motorie.
Non si dimentichi che il movimento si sviluppa come qualsiasi altra funzione
della personalità in un rapporto continuo con l’ambiente. Inoltre, occorre ricordare
che il bambino che acquisisce una nuova abilità motoria sviluppa un senso di sicurezza
fisica che si traduce in sicurezza psichica. Il movimento, si sa, attiva e stimola
la respirazione e la circolazione, purifica le cellule, rafforza muscoli e ossa
ma soprattutto infonde un senso di benessere generale.
Compito del genitore o dei genitori è di rappresentare il punto di riferimento
essenziale per consentire l’adeguata esplorazione. Il neonato, al fine di crescere
e acquisire nuove abilità per “impadronirsi” del mutevole ambiente circostante,
necessita di conservare costanti alcune caratteristiche di fondo. Ed è proprio
confidando nei visi, nei suoni e negli odori conosciuti tipici delle figure di
attaccamento che il piccolo si può permettere di conoscere e strutturarsi. Il
neonato così, immerso in acqua, procede nel suo percorso maturativo grazie anche
al modo in cui i genitori gli rispondono e interagiscono con lui e lo rassicurano
comprendendo le sue esigenze e i suoi tempi.
Bowlby, uno psicoanalista britannico, ha osservato come l’attaccamento del piccolo
alla figura di accudimento derivi da un certo numero di sistemi di comportamento
propri della specie che sono: succhiare; aggrapparsi; seguire; piangere; sorridere.
Questi cinque sistemi comportamentali definiscono, per l’autore, la condotta d’attaccamento
che ha lo scopo di mantenere il bambino nelle vicinanze della madre. I genitori,
inoltre, hanno il fondamentale ruolo di supporto emotivo del neonato, che, infatti,
a partire dal V–VI mese di vita, secondo lo psicologo francese Wallon, non ha
solo bisogni fisiologici (essere nutrito, lavato, coperto, ecc) ma anche bisogni
affettivi ed emozionali: ha bisogno di carezze, di essere cullato, di baci, di
sorrisi, ecc. Reclama, insomma, apporti affettivi. Numerosi studi hanno, inoltre,
osservato come una condotta motoria semplice del lattante potrà variare se il
bambino è solo, alla presenza dei genitori, di estranei o del suo istruttore.
Ma fatto essenziale è che esiste sempre una corrispondenza tra il tono muscolare
e la motilità stessa che presiede all’armonia del gesto, così come vi è corrispondenza
tra il tono della madre e quello del bambino, vero “dialogo tonico”. La motricità,
del resto, evolve secondo il ritmo della maturazione, ma anche secondo il ritmo
delle possibili interazioni con l’ambiente che gestisce, orienta il campo evolutivo
del bambino e gli dà coerenza. Gli stessi genitori, del resto, possono beneficiare,
con il baby nuoto, di una pausa piacevole grazie alla quale relazionarsi in modo
gioioso e giocoso con il proprio bimbo fuori dalla normale routine giornaliera.
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Genitori e istruttori possono aiutarsi, nei loro rispettivi compiti,
con una
serie di oggetti di cui normalmente le piscine che prevedono i corsi di baby nuoto
sono fornite, come elementi gommosi galleggianti, pupazzi di gomma, palline colorate,
libricini plastificati con immagini a tema, secchielli ecc. Molti bambini, soprattutto
nei primi mesi di vita dove i colori hanno una importanza fondamentale, interagiscono
con grande interesse a tali stimoli e alcuni ci giocano con vero piacere.
Tutti i bambini piccolissimi amano essere immersi in acqua, se ciò non dovesse
accadere occorre rimuovere possibili disagi che il lattante può provare in quel
preciso momento (fame, sonno o un piccolo dolore). Non bisogna mai costringere
il bambino ad accettare il baby nuoto. È bene, infatti, rimandare a un altro giorno
l’attività acquatica se il piccolo dimostra una particolare insofferenza. L’obiettivo,
del resto, non è quello di creare una frustrazione nel neonato quanto piuttosto
quello di:
- donargli serenità (7 bambini su 10 migliorano il ritmo del sonno soprattutto
nelle immediate ore successive allo sforzo fisico fatto);
- renderlo consapevole della sua capacità di galleggiamento;
- farlo muovere a pelo d’acqua e spianargli la strada per movimenti più evoluti.
Bibliografia - Bowlby J., Cure materne e igiene mentale del fanciullo, 1957, Giunti barbera, Firenze;
- Comitato Olimpico Nazionale Italiano, L’Educazione Motoria di Base, 1997, Istituto della Enciclopedia fondata da G. Treccani;
- Wallon H., Les origines de la pansèe chez l’enfant, 1989, P.U.F. Parigi.
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