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IL GOAL SETTING
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A cura della Dott.ssa Monica Monaco |
Una delle principali caratteristiche che distingue le persone che hanno frequentemente
successo, che riescono nei loro intenti, che si sentono soddisfatte di se stesse,
da coloro che non riescono, anche a dispetto della propria volontà e dell’impegno,
a perseguire efficacemente le proprie scelte quotidiane, è la presenza di obiettivi
ben scelti e idoneamente espressi. A partire dall’osservazione dell’importanza
di sapersi porre adeguate mete, è stato formulato un programma ideale per la scelta
degli obiettivi, che è possibile imparare ad applicare nel contesto di tutti i
principali campi della propria vita disegnando percorsi, passo dopo passo, per
inseguire piccoli e motivanti cambiamenti, raggiungendo gradualmente grandi risultati.
Nasce così il Goal Setting o G.S., la Programmazione degli Obiettivi, un percorso per pianificare e sviluppare degli obiettivi personalizzati, che
consente di adattare anche programmi preesistenti alle proprie esigenze, ai propri
ritmi ed ai propri impegni.
Obiettivi come guida e come spinta
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Obiettivi adeguati in tutti i campi
Il processo di Programmazione degli Obiettivi deve rappresentare innanzitutto
un valido strumento di crescita personale e di conoscenza di sé, di sviluppo delle
proprie potenzialità, in grado di stimolare il dialogo interiore e l’ascolto dei
propri desideri.
Pertanto, una delle principali operazioni per iniziare ad organizzare degli obiettivi
è indubbiamente quella di classificarli per aree, provando a distinguerli in alcune
principali categorie che permettono peraltro di individuare gli aspetti ritenuti
più importanti per una persona che redige una sorta di personale “lista dei settori
di priorità”, fornendo delle evidenze circa la strutturazione dei propri interessi,
valori e bisogni, tralasciando quelli che ritiene meno importanti.
In tal modo si possono distinguere infinite aree in cui prefiggersi mete, individuando ad esempio, categorie di scopi come le seguenti:
Va precisato che Il Goal Setting può essere adottato in ogni campo, sia che si
proceda da soli o sotto la guida o supervisione di un professionista esperto nel
settore, perché si tratta di un programma che permette di organizzare e motivare
il proprio comportamento in ogni area chiedendo, se necessario in taluni casi,
delle consulenze professionali specifiche che mirano in genere a trovare le strategie
migliori per raggiungere gli obiettivi.
Così, se una persona decide di dimagrire potrà chiedere la consulenza di un dietologo
dopo aver stabilito un programma ragionevole dei propri obiettivi, non solo fisici
ma anche di quelli interconnessi di natura familiare, lavorativa o di studio.
In tal modo, giungerà con le idee chiare dal professionista alimentare, in modo
da poter concordare un programma che vada bene in funzione delle chiarite esigenze
e ambizioni personali.
È ugualmente possibile tenere saldi gli obiettivi imposti da un percorso esterno
che si sta seguendo, come ad esempio un percorso di studi, mentre si possono programmare
i propri sotto-obiettivi personalizzati.
I sette errori capitali
Ci sono ben sette caratteristiche fondamentali che devono essere rispettate quando
si programmano gli obiettivi, al fine di evitare di incorrere in quelli che possono
essere anche definiti come “i 7 errori capitali” del Goal Setting (Monaco M.,
2008a).
Le qualità necessarie di ogni obiettivo vengono ricordate spesso in modo sintetico
attraverso l’utilizzo dell’acronimo S.M.A.R.T. che comprende proprio le cinque caratteristiche basilari di un obiettivo, che vengono analizzate singolarmente di seguito.
S sta per Specific e ricorda la necessità che un obiettivo sia Specifico, dal momento che è indispensabile sapere dettagliatamente cosa si vuole, oppure
si rischia di fare scelte sbagliate tra le opportunità quotidiane che sembrano
poter avvicinare all’obiettivo. Con una metafora, la selezione di obiettivi specifici
viene spesso paragonata ad un preciso ordine fatto ad un cameriere: se si specifica
la pietanza che si desidera nei suoi dettagli, si corrono meno rischi che essa
non corrisponda ai propri desideri e gusti. In effetti un obiettivo generico può
far attivare strade sbagliate per raggiungerlo o disperdere energie inutili, proprio
come quando si ordina qualcosa da bere e si attende vigilanti di fronte ad ogni
bicchiere o tazza in avvicinamento. Un obiettivo specifico deve precisare specifiche
azioni o eventi che si desidera che si manifestino. Di conseguenza a quanto detto,
un esempio di obiettivo generico potrebbe essere “dimagrire” mentre uno specifico
può essere “perdere tre chili”.
M sta per Measurable cioè Misurabile e ricorda la necessità di poter verificare i miglioramenti e i benefici periodici,
per poter verificare quanto ci si sta avvicinando ad un obiettivo. Si possono,
a tal fine, adottare strumenti di “misurazione tradizionali”, come ad esempio
sistemi numerici, oppure quando è necessario si possono stabilire delle “scale
di misurazione soggettiva”. Queste ultime vengono adottate quando si tratta di
miglioramenti che sono difficili da valutare oggettivamente o che sarebbe difficile
misurare abitualmente con uno strumento di misura adeguato: così si ricorre a
delle cosiddette “scale likert” che possono comprendere intervalli da 0 a 10 e
in cui 0 rappresenta l’assenza di qualcosa che si intende ottenere e 10 la sua
piena presenza. Se si intende raggiungere una diminuzione di peso la misurazione
si potrà esprimere in chili o in centimetri misurati; viceversa se ci si pone
come obiettivo il miglioramento dell’accettazione del proprio corpo, si dovrà
necessariamente autovalutare quanto lo si accetta durante il percorso di cambiamento
con la seconda modalità di misura.
Se la revisione periodica di un obiettivo tende a mettere in luce la presenza
di risultati diversi da quelli attesi, in ragione di qualche inconveniente non
considerato o inatteso, allora si consiglia una revisione degli obiettivi e un
adattamento alla nuova condizione attuale.
A sta per Attainable/Achievable cioè Ottenibile o Raggiungibile e indica il bisogno di identificare mete che siano ritenute “accessibili” e
“attraenti” dall’individuo. È necessario, infatti, che la persona senta davvero
di potersi impegnare per arrivare alla meta e che la consideri motivante. “Raggiungibile”
perciò è un obiettivo rispetto a cui la persona si sente attratta e per il quale
si considera capace, che sottolinea come sia sempre necessario ottenere il consenso
profondo della persona che deve raggiungerlo, anche quando il processo di Goal
Setting è supervisionato da un professionista o coinvolge un gruppo (es. si coinvolge
la famiglia di una persona che sta seguendo un programma di G.S., oppure se si
stabiliscono obiettivi comuni che riguardano un gruppo di lavoro, di studio o
una squadra sportiva).
R sta per Realistic ossia Realistico e indica il bisogno di identificare mete “possibili”, cioè relativamente facili,
anche se non troppo da essere demotivanti. Esse vanno scelte tenuto conto delle
risorse attuali dell’individuo e di ciò che si richiede che venga fatto per raggiungere
la meta. Per capire se un obiettivo è realistico, occorre sempre avere le idee
chiare nei minimi dettagli su cosa si deve fare per raggiungerlo, in modo da comprendere
se si è in condizioni di arrivarci, sia in termini di disponibilità che di capacità.
Con una metafora sportiva, si potrebbe immaginare il rispetto di questo aspetto
come la scelta di “regolare l’asta alla giusta altezza” per preparare un salto
in alto. E questa immagine ricorda anche che, per migliorare efficacemente, occorre
alzare anche di singoli centimetri l’altezza dell’asta da saltare.
T sta per Time phased/Time based ossia Temporalmente Scandito/Basato sul tempo che significa che occorre stabilire una scadenza entro la quale raggiungere
l’obiettivo ambito ed eventuali tappe intermedie ben scandite. In relazione al
tempo, si distinguono: obiettivi a breve termine, obiettivi a medio termine e obiettivi a lungo termine. Nel primo caso in genere ci si propone di raggiungerli entro un mese, nel secondo
entro 3-6 mesi e nel terzo caso si può andare da un anno solare ad un periodo
completo in cui si svolge un’attività (es. una stagione sportiva per un atleta,
una stagione teatrale per un attore, un anno scolastico per uno studente, ecc.).
Più recentemente, una delle più note organizzazioni mondiali di professionisti
che si occupa di Goal Setting ha completato la descrizione delle qualità ottimali
degli obiettivi, giungendo alla più completa sigla sintetica S.M.A.R.T.E.R., che comprende altre due qualità fondamentali per ogni meta.
E sta per Exciting ossia Eccitante e sottolinea che l’obiettivo provoca entusiasmo ed eccitazione quando viene
conseguito, ma anche che esso motiva in quanto emoziona semplicemente se si immagina
la sua possibilità di realizzarsi. Per massimizzare i benefici tradibili da tale
qualità degli obiettivi, nel corso del Goal Setting, una delle tecniche fondamentali
utilizzate per scegliere, consolidare e perfezionare gli obiettivi, sostenendo
la motivazione, è l’imagery. Immaginare l’obiettivo è una chiave fondamentale
per mantenerlo al centro delle proprie attività ogni giorno e per rendere sempre
più probabile il suo verificarsi.
R sta per Recorded ossia Registrato. Ciò sottolinea che è importante che l’impegno a raggiungere un obiettivo vada
sottoscritto e opportunamente annotato, in modo che divenga un visibile “contratto”
con se stessi e un impegno leggibile. Naturalmente ogni memorandum quotidianamente
presente è considerato importante per mantenere alta la motivazione e la promessa.
Questa caratteristica viene considerata la chiave di distinzione tra un obiettivo
e un sogno: quest’ultimo è vivo solo sul piano astratto e mentale e tende a poter
diventare un obiettivo concreto solo quando viene steso un piano scritto per tradurre
l’idea in attività.
Integrare quantità a qualità
Per portare avanti un buon lavoro di programmazione degli obiettivi è necessario
integrare diversi tipi di obiettivi, evitando l’errore di concentrarsi solo sulle
quantità e quindi sugli obiettivi finali.
Il G.S. insegna, infatti, che concentrarsi solo sui risultati finali rende difficile
mantenere alto l’impegno ma è anche pericoloso in caso di insuccessi, perché non
consente di guardare i miglioramenti parziali, quei successi che possono garantire
miglioramenti futuri.
Più precisamente, in una cosiddetta “tabella di programmazione degli obiettivi”,
vanno inseriti tre tipi di obiettivi, distribuiti in modo equilibrato:
1. obiettivi di risultato, riguardanti soprattutto gli esiti di uno o più comportamenti, riguardano esclusivamente
la fine dell’impegno (es. vincere una gara, superare un esame, dimagrire un certo
numero di chili, ecc.);
2. obiettivi di prestazione, anche definiti obiettivi di performance, sono connessi al miglioramento di un comportamento o di un’abilità di qualsiasi
natura ritenuta fondamentale per avvicinare al primo tipo di obiettivo (es. aumento
della resistenza in corsa, miglioramento del metodo di studio, accelerazione del
metabolismo, ecc.);
3. obiettivi di processo, riguardano specifiche caratteristiche comportamentali e, più esattamente, sono
legati alle modalità con cui si possono raggiungere i precedenti obiettivi (es.
gestire il lavoro quotidiano con maggiore serenità, correre concentrandosi su
pensieri positivi, affrontare gli esami con minore ansia, sentirsi più soddisfatti
del proprio corpo, ecc.)
Va ricordato che la prima tipologia di obiettivi rappresenta il bersaglio finale
da mantenere in mente, come se fosse la destinazione di un cammino che va visualizzato
altrettanto spesso e chiaramente e che comprende gli obiettivi di prestazione
e quelli di processo. Per tutti è necessario allenare buone capacità di immaginazione
multisensoriale, emozionale e prospettica, in quanto questa naturale abilità,
una volta perfezionata rappresenta il carburante quotidiano di piccoli e costanti
progressi alla base di grandi successi.
Riferimenti bibliografici
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