A cura di Katia Carlini,
Presidente di Psicologia in Movimento
L’Outdoor Training è una metodologia di formazione esperienziale che va oltre una concezione strumentale
dell’apprendimento, non più finalizzato alla carriera e al successo ma all’individuo
nella sua totalità affinché questi possa realizzare tutte le proprie potenzialità
e quindi divenire attore sociale. La nuova formazione tende, infatti, a superare
la vecchia concezione di costruire profili professionali specifici poiché intende
permettere l’acquisizione di competenze, attraverso itinerari diversificati, utilizzabili
in molteplici contesti. Il fattore discriminante della nuova metodologia, pertanto,
non si fonda su elementi quantitativi – maggior numero di conoscenze o competenze
possedute – quanto piuttosto su aspetti qualitativi – migliore gestione delle
conoscenze o competenze possedute. Di fatto, gli elementi che caratterizzano l’Outdoor
Training sono sintetizzabili nei seguenti punti:
- La sperimentazione attiva e l’esperienza rappresentano la dimensione fondante l’apprendimento e la costruzione della
competenza;
- L’osservazionee la riflessione che consistono in contesti spazio-temporali creati per ripensare all’esperienza
appresa affinché si possa originare quel processo definito ‘apprendere ad apprendere’
e dunque si possa acquisire consapevolezza della formazione avvenuta;
- La generalizzazione che implica la possibilità di trasferire gli apprendimenti verificatisi in contesti
diversi rispetto a quelli in cui si è prodotta la formazione.
In sintesi, l’Outdoor Training, a differenza delle modalità formative a bassa
distanza analogica, si caratterizza per l’attivazione di esperienze che sono fortemente
analoghe a ciò che si deve apprendere. Ciò, inevitabilmente implica la presenza
di un trainer o facilitatore che deve essere in possesso di specifiche competenze e soprattutto che sia in
grado di gestire situazioni relazionali, dinamiche di gruppo, circostanze emotivamente
impegnative e che sia capace di cogliere e sviluppare le potenzialità del singolo
individuo e del team verso cui è rivolto il proprio intervento.
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In Italia l’Outdoor Training è riconosciuto come metodologia valida
per la formazione
aziendale. Esso gode di tutte le ricerche che dagli anni ’40 – anni della sua
prima applicazione per opera del pedagogista tedesco Kurt Hahn – a oggi sono state
prodotte da psicologi e studiosi di “experential learning” o di “learning by doing”.
“Apprendere facendo” è infatti la parola d’ordine dell’Outdoor Training che permette
di migliorare non solo le competenze tecniche o di business nei lavoratori, ma
anche le loro competenze interpersonali e sociali. Il fine didattico della formazione
Outdoor è sviluppare determinati comportamenti e competenze nei partecipanti,
coinvolgendoli sul piano fisico, cognitivo ed emozionale. In diverse aziende sono
state realizzate attività all'aria aperta non solo per quadri e dirigenti ma anche
per operai e impiegati, prendendo in prestito l’idea e i materiali da altri contesti
come il mondo della natura, dello sport e del gioco, al fine di migliorare:
- le capacità comunicative: dare feedback costruttivi, proporre le proprie idee, parlare in pubblico, costruire
rapporti collaborativi con altri;
- le capacità cognitive: risolvere problemi, divenire più creativi, ecc;
- il benessere psicofisico: gestire lo stress, gestire l’ansia, promuovere stili di vita sani, ecc.
L’Outdoor Training si svolge, con una modalità ludica ricreativa, all’aria aperta
non solo per consentire uno sviluppo più armonioso dell’individuo con l’ambiente
circostante e di cui è parte ma anche per consentire ai partecipanti di incontrarsi
e sperimentarsi in diversi ruoli e contesti organizzativi. Anche se apparentemente
fa sorridere l’immagine di manager, normalmente pensati con la ventiquattrore
e la cravatta, che si lanciano da un paracadute o fanno rafting con gli altri
impiegati, il training outdoor permette ai vari individui di uscire dagli schemi
predefiniti e di vivere un’esperienza di apprendimento emotivamente coinvolgente
per cui più resistente alle forze dell’oblio. A livello del singolo soggetto,
infatti, il training outdoor consente:
- Lo sviluppo e la restituzione di abilità e competenze cognitive, culturali, sociali e lavorative;
- Lo sviluppo dell’autostima, attraverso la sperimentazione con successo di identità e ruoli funzionali.
Non si dimentichi come, inoltre, l’apprendimento esperienziale implica dei benefici
a livello di gruppo. Così, se è vero che l’individuo si sviluppa sotto l’influenza
del suo ambiente, è anche vero che, durante il suo sviluppo, modifica lo stesso
ambiente. L’organizzazione aziendale che utilizza l’Outdoor Training come esperienza
formativa si arricchisce infatti di:
- Una maggiore conoscenza delle interazioni tra individuo e ambiente interno;
- Una più efficace gestione delle dinamiche di relazione interpersonale attraverso lo sviluppo di un “clima di compartecipazione”.
A fronte dei numerosi benefici generati dalla nuova metodologia è doveroso indicare
anche i punti deboli della stessa. Nello specifico, l’Outdoor Training comporta:
- costi elevati;
- tempi lunghi nella messa in atto;
- la difficoltà del trasferimento in azienda di quanto appreso nel corso dell’esercitazione
soprattutto se la stessa non è seguita da una puntuale attività di restituzione
e riflessione.
Da qui la necessità, per quanto possibile, di svolgere l’Outdoor Training in
modo programmato e funzionale alle esigenze aziendali. Diverse sono, infatti,
le attività che possono essere organizzate per applicare la metodologia dell’Outdoor
Training. Naturalmente esse vengono scelte a seconda della tempistica, della logistica
e degli obiettivi che si intendono perseguire. In ogni caso tutte le attività
sono precedute dal briefing e sono seguite dal debriefing, in entrambi i casi
guidati dai facilitatori. Il briefing è l’incontro volto alla definizione degli
aspetti operativi e degli obiettivi di una determinata iniziativa. Il debriefing
è invece il momento di riflessione che si verifica dopo aver vissuto l’esperienza
outdoor. Secondo il modello di Mitchell, il debriefing si compone di 7 fasi:
1. Introduzione alla spiegazione dell’attività svolta e al lavoro di gruppo;
2. Discussione dei fatti accaduti durante l’attività attraverso le "narrazioni"
e le prospettive multiple dei partecipanti;
3. Discussione dei Pensieri/Cognizioni avuti durante lo svolgersi dell’attività;
4. Discussione delle Emozioni provate durante lo svolgersi dell’attività;
5. Discussione degli effetti eventualmente conseguenti all’attività;
6. Informazioni aggiuntive sull’attività svolta, in modo particolare quelle che
non sono emerse durante la discussione ma che presumibilmente, in base all’esperienza
del facilitatore, possono riguardare ogni gruppo;
7. Conclusione anche con modalità informali tipo cena, aperitivo o altro.
Nello specifico, le attività che normalmente vengono considerate parte della
grande famiglia dell’Outdoor Training possono essere distinte in due grandi categorie:
le piccole tecniche e le grandi esperienze. Nelle prime rientrano delle brevi
e non troppo intense attivazioni volte a promuovere nei partecipanti la prospettiva
di una nuova modalità di apprendimento. Si tratta, in altre parole, di piccole
esercitazioni create per alfabetizzare e preparare il gruppo a situazioni più
cariche e coinvolgenti, chiamate grandi esperienze. Queste ultime, di fatto, sono
una serie di attività progettate ad hoc per far emergere precisi comportamenti
che l’organizzazione intende promuovere e potenziare nel gruppo. Molteplici sono
le esperienze realizzabili per la formazione aziendale, tra quelle più diffuse
ricordiamo:
- La vela. La vita in barca, guidata dal gruppo dei partecipanti che costituisce l’equipaggio
e dal trainer tecnico che rappresenta lo skipper, riproduce un’ottima situazione
in cui si può misurare la capacità di adattamento psicofisico, lo sviluppo del
lavoro di squadra, la tolleranza allo stress, il problem solving e la puntuale
definizione dei ruoli e il rispetto delle regole;
- Il rafting. Si tratta di uno sport estremo che permette di sperimentare il lavoro di squadra,
il coordinamento del gruppo e l’orientamento all’obiettivo. Il forte impatto emotivo
prodotto da tale esperienza serve inoltre ad aggregare il gruppo nelle difficoltà,
nella gestione del rischio e dell’incertezza;
- Il free climbing. Implica oltre che il potenziamento di gesti atletici e capacità fisiche anche
e soprattutto il tema della fiducia e della responsabilità. Chi arrampica, infatti,
si affida al compagno che in quel momento sta facendo da “sicura”, mentre chi
è sotto si assume l’incombenza di vigilare sul proprio collega. Inoltre tale sport,
comporta anche notevoli capacità di adattamento a situazioni atmosferiche diverse
visto che in montagna è possibile fronteggiare caldo, freddo, sole e pioggia;
- L’orienteering. È una disciplina che si avvale di mappe, bussole e walkie talkie al fine di
raggiungere una meta finale passando per dei punti nevralgici denominati “lanterne”.
Oltre al senso dell’orientamento è facile intuire che tale esercitazione consente
al gruppo di sperimentarsi in una situazione nuova e di incertezza che richiede
collaborazione, problem solving, gestione delle risorse, raggiungimento degli
obiettivi.
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L’Outdoor Training sembra in sostanza rispondere pienamente alle esigenze
delle
organizzazioni contemporanee che si muovono in contesti di forti e continui mutamenti
e che esigono pertanto che chi ne fa parte sia in grado di sviluppare, per fronteggiare
le repentine trasformazioni, doti di flessibilità e creatività. Competenze trasversali
che facilmente si prestano a essere “spese” in contesti diversificati e variabili.
Bibliografia: - AaVv, Il processo di apprendimento individuale e organizzativo, Franco Angeli, Milano 2005;
- Buscaglioni M., Per una formazione vitalizzante, Franco Angeli, Milano 2005;
- McEvoy and Craguan, Using Outdoor Training to Develop and Accomplish Organizational Vision, Department of Management and human Resources, Utah State University, Information-Processing
Centre Ogden, 2002;
Rotondi M., Formazione Outdoor: Apprendere dall’esperienza, Franco Angeli, Milano 2004.
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