Alcuni comportamenti come telefonate, sms, e-mail, “visite a sorpresa” e perfino
l’invio di fiori o regali, possono essere graditi segni di affetto che, tuttavia
a volte, possono trasformarsi in vere e proprie forme di persecuzione in grado
di limitare la libertà di una persona e di violare la sua privacy, giungendo perfino
a spaventare chi ne è destinatario suo malgrado.
A diventare “molestatore assillante” o “stalker” può essere una persona conosciuta
con cui si aveva qualche tipo di relazione o perfino uno sconosciuto con cui ci
si è scontrati anche solo per caso, magari per motivi di lavoro.
Inseguimento, molestia, persecuzione
Inseguimento, molestia e persecuzione possono manifestarsi sotto innumerevoli
forme.
Esse possono essere qualcosa di sporadico oppure possono essere insistenti manifestazioni
di un fenomeno psicologico e sociale conosciuto soprattutto con il nome di “stalking” , ma chiamato anche “sindrome del molestatore assillante” , “inseguimento ossessivo” o anche obsessional following . La terminologia più comune, quella di “stalking”, è stata coniata con la finalità
di raffigurare simbolicamente, con un termine in lingua inglese che significa
“appostarsi”, l’atteggiamento di chi mette in atto molestie assillanti e per questo
viene definito “stalker”.
Il “molestatore assillante” manifesta, infatti, un complesso insieme di comportamenti
che vengono ben racchiusi sinteticamente dall’espressione “fare la posta” che
comprende l’aspettare, l’inseguire, il raccogliere informazioni sulla “vittima”
e sui suoi movimenti, comportamenti che sono quasi sempre “tipici” di tutti gli
stalkers, al di là delle differenze rilevate di situazione in situazione.
In effetti alcuni studi compiuti su questo fenomeno (Mullen P. E. & al.,
2000) hanno distinto due categorie di comportamenti attraverso i quali si può attuare lo stalking.
La prima tipologia comprende le comunicazioni intrusive , che includono tutti i comportamenti con scopo di trasmettere messaggi sulle
proprie emozioni, sui bisogni, sugli impulsi, sui desideri o sulle intenzioni,
tanto relativi a stati affettivi amorosi (anche se in forme coatte o dipendenti)
che a vissuti di odio, rancore o vendetta. I metodi di persecuzione adottati,
di conseguenza, sono forme di comunicazione con l’ausilio di strumenti come telefono,
lettere, sms, e-mail o perfino graffiti o murales.
Il secondo tipo di comportamenti di stalking è costituito dai contatti , che possono essere attuati sia attraverso comportamenti di controllo diretto,
quali ad esempio pedinare o sorvegliare, che mediante comportamenti di confronto diretto , quali visite sotto casa o sul posto di lavoro, minacce o aggressioni. Generalmente
non si ritrovano due tipologie separate “pure” di stalkers, ma molestie in forme
miste in cui alla prima tipologia, in genere segue la seconda specie di azioni.
Il comportamento stalkizzante è stato delineato nei suoi dettagli più specifici
che permettono di distinguerlo da comportamenti simili (Galeazzi G.M., Curci P.,
2001). A tal proposito, sono particolarmente importanti tre caratteristiche di una molestiaperché si possa parlare di “stalking”:
l’attore della molestia, lo stalker, agisce nei confronti di una persona che
è designata come vittima in virtù di un investimento ideo-affettivo, basato su
una situazione relazionale reale oppure parzialmente o totalmente immaginata (in
base alla personalità di partenza e al livello di contatto con la realtà mantenuto);
lo stalking si manifesta attraverso una serie di comportamenti basati sulla comunicazione
e/o sul contatto, ma in ogni caso connotati dalla ripetizione, insistenza e intrusività;
la pressione psicologica legata alla “coazione” comportamentale dello stalker
e al terrorismo psicologico effettuato, pongono la vittima stalkizzata, definita
anche stalking victim, in uno stato di allerta, di emergenza e di stress psicologico.
Questi vissuti psicologici possono essere legati sia alla percezione dei comportamenti
persecutori come sgraditi, intrusivi e fastidiosi, che alla preoccupazione e all’angoscia
derivanti dalla paura per la propria incolumità.
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Identikit del molestatore assillante
La coazione che connota il comportamento di stalking, e che permette di delinearlo
anche giuridicamente, ha fatto ipotizzare che tale problema fosse una forma di
“disturbo ossessivo”. Tuttavia, come è stato osservato, i disturbi psicopatologici
ossessivi sono connotati da vissuti egodistonici relativi ai comportamenti attuati
e, conseguentemente, da un malessere provocato dalle idee, dai pensieri, dalle
immagini mentali e dagli impulsi ossessivi legati alla persecuzione. Questi vissuti
di disagio e di intrusione in realtà non risultano presenti in genere negli stalkers
che, al contrario, tendono perfino a trarre piacere dal perseguitare.
È molto importante sottolineare altresì che lo stalking non è un fenomeno omogeneo;
pertanto, risulta difficile fare rientrare i molestatori assillanti in una categoria
diagnostica precisa o identificare sempre la presenza di una vera e propria patologia
mentale di riferimento. Gli stalkers non sono sempre persone con un disturbo mentale
e, anche se esistono alcune forme di persecuzione che sono agite nel contesto
di un quadro psicopatologico, questa non è una condizione sempre presente così
come non esiste sempre un abuso di sostanze associato al comportamento stalkizzante.
Ciò che è importante comprendere è che dietro a comportamenti di molestia simili
possono celarsi motivazioni anche molto differenti tra loro. A questa conclusione
si è giunti in seguito a studi che hanno esaminato il profilo psicologico di numerosi
stalkers e, sulla scorta dei quali, si è giunti ad individuare cinque tipologie di stalkers , distinti in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale (Mullen
et al., 1999).
Una prima tipologia di molestatore insistente è stata definita “il risentito” . Il suo comportamento è sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o
di un torto che ritiene di aver subito ed è quindi alimentato dalla ricerca di
vendetta. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa che può ledere prima
l’immagine della persona e poi la persona stessa. Il problema più grave è legato
alla scarsa analisi della realtà: perché il risentimento fa considerare giustificati
i propri comportamenti che, producendo sensazioni di controllo sulla realtà, tendono
a loro volta a rinforzarli.
La seconda tipologia di stalker è stata denominata “il bisognoso d’affetto” , una tipologia che è motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni
che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La vittima in genere viene considerata,
per via di una generalizzazione a partire da una o più caratteristiche osservate
anche superficialmente, vicina al “partner o amico/a ideale”, una persona che
si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione desiderata, a risolvere la propria
mancanza di amore o affetto. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato
sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche
difficoltà psicologica o concreta. Questa categoria include anche la forma definita
“delirio erotomane”, in cui il bisogno di affetto viene erotizzato e lo/la stalker
tende a leggere nelle risposte della vittima un desiderio a cui lei/lui resiste.
L’idea di un rifiuto, vissuto come un’intollerabile attacco all’Io, viene respinta
con grande energia e strutturando un’alta difesa basata sull’allontanamento della
percezione reale dell’altro, delle sue reazioni e della relazione reale che viene
sostituita da quella immaginaria.
Una terza tipologia di persecutore è quella definita “il corteggiatore incompetente” , che tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza
relazionale che si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non
riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Questo tipo
di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione
della stessa vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando
persona da molestare.
Esiste poi “il respinto” , un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. È in genere un
ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso
oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel
tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla
vittima: la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che
rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Nella psicologia
di questo tipo di “inseguitore assillante” gioca un ruolo cruciale il modello
di attaccamento sviluppato che è una delle forme di tipo insicuro, in grado di
scatenare angosce legate all’abbandono che creano una tendenza interiore, più
o meno consapevole, a considerare l’assenza dell’altro come una minaccia di annientamento
e di annullamento del Sé.
Infine, è stata descritta una categoria di stalker definita “il predatore” e costituita da un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una
vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita
questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto.
Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da
persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.
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La vittima e il legame con il suo Stalker
Molte persone che subiscono molestie assillanti sono donne di un’età più frequentemente
compresa tra i 18 e i 24 anni. Tuttavia, alcuni tipi di persecuzioni, quali ad
esempio quelle legate al risentimento o alla paura di perdere la relazione che
nasce dall’essere respinti, sono rivolte principalmente a donne tra i 35 e i 44
anni.
Alcuni studi sul fenomeno in esame hanno mostrato dei risultati interessanti
che servono a riflettere ulteriormente sulle caratteristiche delle vittime di
stalking e sull’importanza della relazione che, spesso solo nella mente dello
stalker, si instaura con tutta la capacità di influenza che può esercitare una
relazione reale. A questo proposito si è riscontrato che esiste una “categoria
sociale a rischio di stalking” rappresentata da tutti gli appartenenti alle cosiddette
“professioni d’aiuto”, vale a dire i medici, gli psicologi, gli infermieri e ogni
altra sorta di “helper”. Ciò sembra trovare due spiegazioni: da un lato questi
professionisti entrano in contatto con bisogni profondi di aiuto delle persone
e possono facilmente divenire vittime di proiezioni di affetti e relazioni interiorizzate;
dall’altro le eccessive speranze di alcuni “pazienti” possono essere tradite dalla
quotidianità professionale e lo stalking diventa una domanda di attenzione o una
ricerca di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla
vita propria o dei propri cari, aspetti che non sono in realtà mai completamente
nelle mani di nessuno.
Tecniche di comportamento Antistalking
Dal momento che non tutte le situazioni di stalking sono uguali, non è possibile
generalizzare facilmente delle modalità comportamentali di difesa che devono essere
adattate alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori.
Esistono tuttavia alcune regole utili.
Innanzitutto, inutile negare il problema. Spesso, dal momento che nessuno vuole
considerarsi una “vittima”, si tende a evitare di riconoscersi in pericolo, finendo
per sottovalutare il rischio e aiutando così lo stalker. Il primo passo è allora
sempre quello di riconoscere il problema e di adottare delle precauzioni maggiori
rispetto a quelle adottate dalle persone che non hanno questo problema. Occorre
informarsi sull’argomento e comprendere i rischi reali, seguendo dei comportamenti
volti a scoraggiare, quando è possibile, gli atti di molestia assillante.
Se la molestia consiste nella richiesta di iniziare o ristabilire una relazione
indesiderata, è necessario essere fermi nel “dire di no” una sola volta e in modo
chiaro. Altri sforzi di convincere il proprio persecutore insistente, comprese
improvvisate interpretazioni psicologiche che lo/la additano come bisognoso di
aiuto e di cure, saranno lette come reazioni ai suoi comportamenti e quindi rappresenteranno
dei rinforzi, in quanto attenzioni. Anche la restituzione di un regalo non gradito,
una telefonata di rabbia o una risposta negativa ad una lettera sono segnali di
attenzione che rinforzano lo stalking.
Comportamenti molto efficaci per difendersi dal rischio di aggressioni sono quelli
prudenti in cui si esce senza seguire abitudini routinarie e prevedibili, in orari
maggiormente affollati e in luoghi non isolati, magari adottando un cane addestrato
alla difesa, un modo che si è rivelato molto utile sia come concreta difesa che
per aumentare la sensazione di sicurezza.
Se le molestie sono telefoniche, non cambiare numero. Anche in questo caso, le
frustrazioni aumenterebbero la motivazione allo stalking. È meglio cercare di
ottenere una seconda linea, lasciando che la vecchia linea diventi quella su cui
il molestatore può continuare a telefonare, magari mentre azzerate la soneria
e rispondete gradualmente sempre meno.
Per produrre prove della molestia alla polizia, non lasciarsi prendere dalla
rabbia o dalla paura e raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti.
È utile mantenere sempre a portata di mano un cellulare in più per chiamare in
caso di emergenza.
Se si pensa di essere in pericolo o seguiti, non andare mai di corsa a casa o
da un amico, ma recarsi dalle forze dell’ordine.
Le conseguenze dello Stalking
Purtroppo spesso, soprattutto per via di norme giuridiche che limitano gli interventi
di prevenzione delle situazioni di emergenza, i comportamenti di stalking possono
essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente
per la vittima, ma anche per chi lo agisce e, talvolta, per chi lo osserva.
La vittima, per quanto possa essere breve il periodo in cui viene perseguitata,
rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite. Le conseguenze dello
stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per
molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate
possono determinarsi stati d’ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flashback
e veri e propri quadri di Disturbo Post Traumatico da Stress.
Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni e a negare
la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute mentale e la qualità
della propria vita sociale che si deteriorano sempre di più, via via che la persecuzione
si protrae nel tempo.
Il pubblico degli episodi di stalking può essere il ristretto pubblico familiare
che, identificandosi empaticamente alla vittima, può sviluppare preoccupazioni
per la persona cara o forme vicarie di paura ed ansia. Ma il pubblico in senso
ampio, grazie all’importante ruolo dei mass media, è la società, in cui l’esempio
della violazione della privacy tollerata può rappresentare un modello comportamentale
che alimenta le possibilità di nuovi fenomeni, anche perché quelli agiti spesso
vengono spiegati (e parzialmente giustificati) sulla base di “possibili raptus”
o di “eccessi di amore”.
Approfondimenti bibliografici
Meloy J. R., 1998, The psychology of stalking, Academic Press.
Mullen P.E., Pathè M., Purcell R., Stuart G., 1999, A study of stalkers. In American
Journal of Psychiatry, 156, 1244-1249.
Oliviero Ferraris A., 2001, Stalker il persecutore. In Psicologia Contemporanea,
164, 18-25.
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