IL NARCISISMO: MITO, FENOMENOLOGIA E COMPRENSIONE PSICODINAMICA |
A cura di Monica Barassi, Psicologa e Socia fondatrice dell’Associazione Psicologia in Movimento |
Il mito
Il narcisismo patologico è uno dei disturbi di personalità più frequenti nell’epoca contemporanea.
Le origini della tematica si rintracciano nella letteratura classica; nella mitologia
greca, infatti, è presente la narrazione della vicenda di Narciso, figlio di Cefiso,
divinità fluviale, e della ninfa Liriope.
Secondo il mito narrato da Ovidio nelle “Metamorfosi” Narciso era un bellissimo
giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano alla follia. Tuttavia
Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando, non curandosi delle sue spasimanti;
tra queste era la ninfa Eco, condannata da Giunione a ripetere le ultime parole
che le venivano rivolte, poiché le sue chiacchiere distraevano la dea, impedendole
di scoprire gli amori furtivi di Giove. Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata
dall'amore, si nascose nei boschi fino a scomparire e a restare solo un'eco lontana.
Non solo Eco, ma tutte le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono
la vendetta degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della
sua immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto soddisfare
la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti da Eco. Resosi
conto dell'impossibilità del suo amore Narciso si lasciò morire. Quando le Naiadi
e le Driadi cercarono il suo corpo per poterlo collocare sul rogo funebre, trovarono
vicino allo specchio d'acqua il fiore omonimo. Si narra che Narciso, quando attraversò
lo Stige, il fiume dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle acque
del fiume, sempre sperando di vedersi riflesso. Ma non riuscì a scorgere nulla
a causa della natura torbida, limacciosa di quelle acque. In fin dei conti però,
Narciso fu contento di non vedere la sua immagine riflessa perché questo veniva
a significare che il fanciullo-sè stesso che amava, non era morto ancora. Nella
versione beotica il giovane Narciso, cittadino di Tepsi, venne condannato ad amare
la sua immagine, quando Amenia, una giovane del luogo da lui rifiutata sprezzantemente,
si tolse la vita davanti alla sua casa, con la stessa spada che Narciso gli aveva
inviato come macabro invito a non dargli più noia.
Il mito di Narciso rivive anche nella commedia del drammaturgo e poeta inglese
William Shakespeare (1564-1616), attraverso il personaggio di Malvolio, il quale
appare all’osservazione del pubblico come inequivocabilmente affetto da un eccessivo
amore per se stesso associato alla tendenza a prendere lievi offese per attacchi
devastanti.
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Passando dalla narrazione del mito alla spiegazione fenomenologia del narcisismo
vi è da dire, anzitutto, che la differenza tra i livelli di narcisismo sano e
narcisismo patologico è molto difficile da cogliere. Una certa dose di amor proprio,
stima e rispetto di sé, non solo è normale ma bensì auspicabile in ogni individuo.
Non è facile da identificare il punto lungo un immaginario continuum dell’amore di sé, dove il sano narcisismo si tramuta in narcisismo patologico.
Quali criteri adottare, dunque, per cogliere tale distinzione? Senz’altro il
criterio della valutazione della fase del ciclo di vita che un individuo attraversa,
è un utile indicatore, basti pensare, ad esempio, alla valutazione benigna che
si prova verso un ragazzo adolescente, che passa ogni mattina un’ora allo specchio
prima di uscire per rendere perfetto ogni capello della propria acconciatura.
Al contrario, l’opinione non favorevole che susciterebbe un uomo trentenne impegnato
nella stessa operazione, forse eccessiva a quella ètà, e, infine, nuovamente l’empatia
e il senso di comprensione che scaturirebbe dall’osservare un uomo di 45 anni,
alle prese con la crisi di mezza età, anch’esso assorbito a lungo davanti allo
specchio a trovare l’acconciatura per lui più gradevole.
Anche la considerazione e la stima delle differenze culturali in cui un individuo
è immerso, possono aiutare a valutare laddove la dose di narcisismo sia sana e
quando, invece, eccessiva. Senz’altro la società contemporanea occidentale è improntata
a una cultura narcisistica, dove i mass media inducono a fare propri i valori
dell’estetica, dell’immagine, dell’apparire a discapito dell’essere, della profondità
e della sostanza delle cose e dove la paura dell’invecchiare e della morte sono
rimosse e negate. Se, dunque, le differenze evolutive e le influenze culturali
sono validi indicatori, tuttavia, le forme sane o patologiche del narciso, sono
però soprattutto identificabili andando a considerare la qualità delle relazioni
oggettuali del soggetto. Infatti, nell’ambito della sfera delle relazioni interpersonali,
una costante che caratterizza il soggetto affetto da narcisismo patologico è la
sofferenza, il vuoto e la solitudine associate alla incapacità d’amare.
Da una parte, nelle relazioni interpersonali del sano narcisista, si possono
individuare alcune caratteristiche fondamentali quali: empatia e preoccupazione
per i sentimenti dell’altro, genuino interesse per le idee altrui, capacità di
tollerare l’ambivalenza nelle relazioni di lunga durata, senza pervenire a una
rottura e riconoscere il proprio contributo nei conflitti interpersonali. Dall’altra,
invece, nelle relazioni interpersonali del narcisista patologico si riscontra
che: si accosta agli altri trattandoli come oggetti da usare e da abbandonare
secondo i bisogni narcisistici, incurante dei loro sentimenti, che non vive gli
altri come persone che hanno un’esistenza separata o bisogni propri, spesso interrompe
una relazione dopo un breve periodo di tempo, quando il partner comincia a porre
richieste relative ai propri bisogni.
Nella letteratura psicologica, molti autori si sono occupati della descrizione
dei vari aspetti del continuum fra narcisismo sano e patologico. Fra essi, spiccano i nomi di Kohut, che ha
descritto la tipologia del narcisista ipervigile: ovvero un tipo vulnerabile, tendente alla frammentazione di sé, fortemente
sensibile
alle reazioni degli altri, inibito, schivo o persino portato ad eclissarsi e ad
evitare di essere al centro dell’attenzione e di Kernberg, che ha descritto la
tipologia del narcisista inconsapevole, un tipo invidioso, avido, che richiede attenzione ed acclamazione da parte
degli altri, non ha consapevolezza delle reazioni degli altri, arrogante e aggressivo,
“trasmittente”, ma non “ricevente”.
Sebbene queste tipologie possano presentarsi in forma pura, molti individui mostrano
una miscela di caratteristiche fenomenologiche di entrambi i tipi.
Il criterio diagnostico DSM-IV
La diagnosi secondo il criterio DSM IV - Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders richiede che almeno cinque dei seguenti sintomi siano presenti in modo tale
da formare un pattern pervasivo, cioè che rimane tendenzialmente costante in situazioni e relazioni
diverse:
Diffusione
Secondo i dati riportati dall'American Psychiatric Association (APA) il disturbo
narcisistico di personalità è diagnosticabile in circa l'1% della popolazione
adulta. Esistono tuttavia stime più elevate, che collocano il dato tra il 2% e
il 4%. Tra i pazienti ricoverati la diffusione del disturbo aumenta molto (tra
il 2% e il 16%). La diffusione di questa patologia non sembra ubiquitaria, bensì
fortemente influenzata - perlomeno nelle modalità di manifestarsi - dai contesti
culturali. Secondo alcuni osservatori, essa è diffusa con queste caratteristiche
quasi esclusivamente in paesi capitalistici occidentali. Il disturbo sembra avere
una componente sessuale o di genere per cui la diffusione non è uguale fra i due
sessi: i maschi affetti sono più numerosi delle donne, di una quota compresa tra
il 50% e il 75%. Alcuni tratti narcisistici appaiono nel corso dello sviluppo
dell'individuo e in un certo grado sono normali. Questi tratti del carattere sono
molto diffusi tra adolescenti e teenagers, senza che necessariamente l'esito sia
una personalità patologica in età adulta.
Approccio terapeutico
Diverse sono le possibilità terapeutiche a cui possono rivolgersi i pazienti
affetti da narcisismo patologico, per trovare risoluzione al loro malessere esistenziale.
Per Kohut e Kernberg la psicoanalisi è il trattamento elettivo per questi pazienti
al fine di superare le esperienze deficitarie infantili; tuttavia, anche un approccio
supportivo-espressivo, meno impegnativo dal punto di vista del numero di sedute
a settimana e della durata del trattamento possono produrre risultati favorevoli.
In taluni casi, è auspicabile la scelta di un trattamento combinato che associ
la psicoterapia individuale con quella di gruppo. Tale trattamento può risultare
molto efficace, grazie alla sinergia della profondità e intensità offerta dal
rapporto individuale e dalle possibilità di confronto e feedback proprie del lavoro
in gruppo. Sostanzialmente strumenti essenziali di qualsiasi intervento terapeutico
saranno, grazie all’ambiente protetto offerto dal setting di lavoro, la costruzione
di un’alleanza positiva fra terapeuta e paziente e l’esperire e sperimentare nuove,
più piene, evolutive e soddisfacenti possibilità relazionali fra gli individui.
Bibliografia:
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