L’apparato osteoarticolare è una struttura complessa che permette all’organismo di sostenersi e muoversi
e le sue componenti rimandano ad una precisa simbologia. Le ossa, grazie alla
loro caratteristica di semi-indistruttibilità, rappresentano la continuità e la materialità poiché nella loro sede è stata assorbita la luce primitiva per creare la forma.
Le ossa rappresentano inoltre la solidità, in quanto struttura portante, e la rigidità del dovere, della legge e delle norme che non possono e non devono essere trasgredite.
Anche il linguaggio comune ha assorbito questa simbologia: si sente dire spesso
che una persona priva di volontà è “senza spina dorsale” o che il soggetto che
vive nel rispetto di regole molto ferree (ad esempio un militare) abbia una postura rigida. Ancora, procedere nella vita con la “schiena dritta” rimanda ad un modo di
essere integro e non arrendevole di fronte alle pressioni e alle convenzioni.
Le ossa, inoltre, hanno un ruolo difensivo, di protezione degli organi interni. Simbolicamente, è come se costituissero
uno scudo contro gli attacchi del mondo.
Le articolazioni sono delle strutture che mettono in relazione tra loro le ossa
e sono fondamentali perché rappresentano un mezzo per muoverci nello spazio, per
afferrare le cose, per spostarci da un punto all’altro. La mano è l’espressione
più importante del ruolo delle articolazioni: uno strumento di relazione, lavoro,
contatto con il mondo esterno.
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I disturbi a carico di articolazioni, ossa e muscoli fanno riferimento ad una
grande quantità di patologie molto differenti tra loro che coinvolgono tutto l’apparato
locomotore e i tessuti connettivi (il sostegno dell’organismo, provocando effetti
che compromettono le capacità di azione, movimento, aggressione e fuga). La maggior
parte di queste patologie (più di 100) sono raggruppate sotto il nome di malattie
reumatiche. Queste ultime si differenziano tra loro per molti aspetti, ma in linea
generale si possono classificare in cinque macro-categorie:
• Reumatismi di natura degenerativa (artrosi);
• Reumatismi di natura infiammatoria (artriti);
• Reumatismi dismetabolici, legati a disfunzioni dei processi metabolici (osteoporosi,
gotta);
• Reumatismi di origine infettiva, causati da infezioni batteriche o virali;
• Reumatismi extrarticolari e periarticolari (tendiniti e borsiti):
LOMBALGIA
Descrizione La lombalgia, chiamata più comunemente “mal di schiena”, è un disturbo che colpisce la regione
lombare, ovvero la parte bassa della schiena, sopra i glutei; circa il 90% della popolazione ha sofferto almeno una volta nella vita di lombalgia. In realtà la lombalgia si riferisce al sintomo del dolore che viene avvertito
e non ad una condizione specifica. Le cause del mal di schiena sono molteplici,
anche se nella maggior parte dei casi il sintomo ha un’origine meccanica, ovvero
è scatenato da un uso anomalo o eccessivo delle strutture della colonna, da un
trauma oppure da alterazioni patologiche di esse. Cause molto frequenti di lombalgia
sono, ad esempio, contratture o stiramenti dei muscoli, fratture vertebrali, alterazioni
della struttura, artrosi delle vertebre lombari, ernia del disco. Una bassa percentuale di disturbi alla schiena è legata a tumori, reumatismi
di origine infiammatoria o cause non connesse con la schiena come disturbi renali,
gastrointestinali o pelvici. Normalmente la lombalgia è di natura acuta e si risolve
in breve tempo, con o senza trattamenti specifici. Tuttavia, spesso la sintomatologia
diventa di natura cronica e si protrae per lunghi periodi.
Moltissime persone accusano forti dolori alla schiena, spesso invalidanti, che,
tuttavia, non trovano riscontro nelle indagini cliniche effettuate per inquadrare
il problema a livello organico (Risonanza Magnetica, TAC, radiografie). Un’importante
ricerca svolta dalla S.I.R.E.R. (Società Internazionale di Ricerca e Studi del
Rachide) e messa in luce dal Prof. Nachemson Alf L., direttore del Dipartimento
di Ortopedia dell’università svedese di Goteborg, ha confermato una teoria che
molti Autori avevano già in parte sviluppato. Secondo tale ricerca, nell’80% dei
casi analizzati i dolori che coinvolgono la schiena non sono legati a problematiche
ortopediche o strutturali della colonna. In risposta a queste osservazioni, l’indagine
si sposta sul piano psicosomatico, così come avviene per altre condizioni importanti
come il colon irritabile o alcuni tipi di ulcere. Nel caso della lombalgia, le
fasce muscolari che circondano la colonna, in assenza di sforzo indotto, si contraggono,
si irrigidiscono o si bloccano in seguito ad uno stato di tensione emozionale.
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I dolori sono, dunque, la traduzione psicosomatica di ansia, depressione, stress continuati e disagi
psicologici di varie entità.
Aspetti psicosomatici della lombalgia Quando il soggetto è sereno e calmo, le fasce muscolari si rilassano e la schiena
assume la “postura” del riposo; al contrario, in situazioni acute di stress (un
pericolo improvviso, un litigio ecc.) i muscoli si tendono e la schiena si raddrizza
in posizione di difesa. Questo fenomeno è fisiologico ed ha un’origine evoluzionistica:
raddrizzando la schiena, il corpo aumenta in altezza e la figura assume un aspetto
maggiormente “temibile”, atto ad affrontare pericoli e avversari. Ma quando lo
stato di stress si prolunga e si cronicizza, sia per conflitti emotivi che per
problematiche di tipo psicologico (ansia, depressione, nevrosi), la muscolatura
si irrigidisce in eccesso, scatenando il dolore.
Questo meccanismo determina un’importante svolta in campo ortopedico, sia a livello
diagnostico che terapeutico: quando gli esami clinici risultano negativi e la
schiena è sana, la problematica risiede nelle dinamiche mentali e psicologiche
che si traducono nel sintomo. Di conseguenza, le terapie devono essere mirate
alla causa individuata e non alla sintomatologia in sé, mentre i farmaci antinfiammatori
o decontratturanti vanno utilizzati solo nei casi in cui è necessaria una ripresa
veloce e momentanea.
Oggi i medici più formati sui recenti orientamenti prescrivono, oltre alle cure
farmacologiche (se necessarie) altre terapie come yoga, agopuntura o stretching o programmi di rieducazione posturale.
Il soggetto che soffre di lombalgia utilizza il sintomo del dolore come fosse
la voce di una parte di sé che non ce la fa più a sopportare o a sostenere qualcosa,
a caricare tutto sulle spalle. La colonna vertebrale sostiene i pesi fisici ed
emotivi e il carico può avere diversi significati, in primis quello di un forte
senso del dovere: la persona che soffre di lombalgia è estremamente altruista,
portata al sacrificio, abusa delle proprie risorse ed energie e sopporta grandi
responsabilità per eccesso di zelo.
In generale, il disagio espresso è connesso a diverse condizioni come un lavoro
troppo difficile, una situazione legata ad aspetti familiari o affettivi alla
quale non ci si sottrae per senso del dovere, incapacità di dire no, scarsa conoscenza
dei propri limiti o per un forte senso d’insicurezza, anche di natura materiale.
Una chiave importante del disturbo è anche la ribellione: nei soggetti che soffrono
di mal di schiena, il sintomo è spesso scatenato da un senso di impotenza nei
confronti di situazioni di vita o difficoltà che inducono a piegarsi quando invece
si vorrebbe rimanere “tutto di un pezzo”. Un altro simbolismo importante racchiuso
nel quadro sintomatologico è una difficoltà ad esprimere con spontaneità la propria
contrarietà o aggressività, atteggiamento che determina un adattamento alle richieste
dell’ambiente circostante. Il conflitto, però, resta latente poiché il bisogno
viene messo a tacere per molteplici motivazioni (tendenza a compiacere, paura
del conflitto o di perdere il controllo); l’aggressività bloccata viene trattenuta
e cristallizzata nei muscoli. La lombalgia, dunque, utilizza il dolore per imporre
al soggetto di fermarsi e di rendere manifesto un conflitto non elaborato a livello
conscio che spesso è centrato sul rispetto e la complicità con se stesso.
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