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INTRODUZIONE ALL’OMEOPATIA | A cura di Marta Chiappetta |
Il padre fondatore dell’omeopatia è il medico tedesco Samuel Hahnemann, autore del testo di riferimento della
materia omeopatica “Organon of medical art” (L’Organon dell'arte di guarire, prima
edizione 1810). L’omeopatia ha dunque 200 anni di vita.
Per capire cos’è esattamente l’omeopatia si può partire dall’origine del nome:
esso deriva dal greco "omòios" (simile) e "pathos" (malattia). In esso vi è dunque il principio fondante dell’approccio omeopatico
“similia similibus curantur” (“il simile viene curato con il simile”).
In base a tale principio, il farmaco omeopatico somministrato in un individuo
sano provoca gli stessi sintomi che si vogliono curare in un individuo malato.
Per curare un soggetto malato, dunque, occorre trovare un rimedio che riproduca
i sintomi quanto più simili in un soggetto sano.
Al contrario della medicina tradizionale che si basa su un approccio di tipo
allopatico, l’omeopatia ha un approccio olistico per il quale il corpo e la mente vengono considerati un’unica entità.
L’omeopatia cura dunque i sintomi considerando la costituzione morfo-funzionale
di ogni soggetto che è caratterizzata da una serie di sintomi sia fisici che psichici.
Tali sintomi saranno diversi perché diverse saranno le personalità e le costituzioni
di ogni malato. Il medico omeopata in tal senso svolge un ruolo fondamentale:
egli dovrà leggere i sintomi sulla base della personalità del paziente, considerando
i suoi stati d’animo, le sue vicende passate, i traumi emotivi, la sua vita di
relazione.
Un altro importante aspetto dell’approccio olistico è l’interpretazione del sintomo. Nella medicina tradizionale il sintomo della malattia è l’elemento su cui ruota
la cura e la scelta del farmaco che possa combattere la sua azione negativa ed
eliminare il malessere del paziente. In omeopatia, invece, il sintomo non è l’obiettivo
della cura ma un segnale da interpretare per capire quale sia esattamente la sua funzione. Un bravo omeopata non tenta
mai di sopprimere il sintomo ma di indagarne le cause che hanno generato quello
squilibrio.
La visita omeopatica è lunga e accurata: i sintomi della malattia vengono inquadrati
anche in base alle loro modalità di espressione: miglioramenti, peggioramenti,
sintomi psichici correlati.
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L’omeopatia si differenzia dalla medicina tradizionale anche per la natura dei
rimedi. I rimedi omeopatici nella pratica utilizzano prodotti vegetali (piante, parti di piante, escrezioni di esse), prodotti animali (animali interi, parti di animali, escrezioni di esse) e minerali.
Il trattamento che rende queste sostanze attive a livello terapeutico fu la grande
intuizione di Hahnemann. Egli nei suoi numerosi studi cercò una soluzione per
estrarre dalle sostanze d’origine il loro potere terapeutico eliminando quello
tossico, causa di numerosi effetti collaterali come accade nella medicina tradizionale.
Per ottenere questo risultato arrivò per deduzione ai due principi cardine dell’approccio
omeopatico: la diluizione e la dinamizzazione.
In omeopatia il rimedio non viene usato in dosi ponderali ma infinitesimali.
Fin dalle prime sperimentazioni si poteva osservare che, diluendo la sostanza
d’origine in acqua e alcol, veniva azzerato l’effetto tossico poiché non vi era
più traccia della sostanza d’origine ma ne rimaneva solo la sua memoria energetica.
Ma per far sì che il rimedio mantenesse l’effetto terapeutico perdendo la sua
tossicità doveva essere dinamizzato. Scuotendo il farmaco più volte (processo
di succussione) sostanze inerti (ad esempio la silice) diventavano attive e liberavano poteri latenti della sostanza mantenendo inalterato
l’effetto terapeutico.
Il farmaco omeopatico agisce, dunque, per via energetica e la durata del trattamento
e la scelta delle potenze variano in base a sintomi (acuti o cronici), alla loro
manifestazione e alla costituzione del paziente.
Riguardo ai tempi e all’efficacia della cura è importante la stretta relazione
tra quadro sintomatico e manifestazione patologica. Più il rimedio corrisponde
alla malattia del paziente, più agirà in tempi brevi e in modo permanente.
Lo studio dei segni della malattia è accurato e meticoloso: quando il paziente
racconta il suo malessere i sintomi vengono analizzati in base a varie caratteristiche
che servono da filtro per l’individuazione del rimedio adatto. Sarà indagato perciò
il modo di presentarsi dei sintomi, come si evolvono e quando scompaiono. Se si
tratta di un dolore si prenderà in esame la localizzazione, l’ora di comparsa,
la caratterizzazione, la sensibilità al caldo o al freddo, i miglioramenti o peggioramenti,
la tipologia del sonno, i desideri o le avversioni nei confronti di cibi e bevande,
sintomi chiave associati a sensazioni, emozioni e paure del paziente.
Partire dal sintomo non basta: per una stessa patologia, ad esempio una dispepsia, possiamo trovare più di cinquanta rimedi corrispondenti. Solo fotografando
il paziente e i suoi sintomi si potrà trovare il rimedio che possa aiutarlo. Ad
esempio, nell’ascolto di un paziente-tipo affetto da dispepsia viene fuori che
è collerico, freddoloso, ipersensibile agli stimoli esterni, maniaco del lavoro,
impaziente, si sveglia durante la notte e poi non riesce più a riposare. I sintomi
più frequenti sono la nausea e la stipsi, ha la sensazione di una pietra sullo
stomaco dopo ogni pasto. Il rimedio in questo caso sarà Nux vomica poiché corrisponde alla maggior parte dei sintomi psico-fisici tipici di questa
personalità.
Al contrario, se il paziente con lo stesso sintomo fosse di carattere mutevole,
triste e timoroso di essere abbandonato, sofferente di forti cefalee e disturbi
urinari con miglioramento all’aria aperta il rimedio scelto sarebbe Pulsatilla. Il sintomo è lo stesso, ma è diverso il paziente che utilizza quel canale per
esprimere la sua sofferenza.
Le diluizioni omeopatiche sono distinte in centesimali (CH), decimali (DH), cinquantamillesimali (LM) e korsakoviane (K). La preparazione iniziale del farmaco omeopatico è chiamata tintura madre (TM) che si ottiene sciogliendo in soluzione idro-alcolica il materiale di partenza del rimedio (animale, vegetale o animale). Successivamente si diluisce una goccia di TM in 99 gocce di alcool in modo da ottenere 1 CH (prima centesimale) per procedere poi con la dinamizzazione agitando 100 volte il flacone. Ogni diluizione prevede l’estrazione di una goccia della prima sciolta nuovamente in 99 gocce di alcool. Si passa così alla seconda diluizione (2 CH): il rapporto con la preparazione iniziale è di 1/10.000 (la terza è 1/1.000.000, la quarta 1/100.000.000 e cosi via). Il procedimento continua fino ad arrivare a 200 CH e oltre. Per le diluizioni decimali viene sciolta una goccia di TM in un contenitore con 9 gocce di alcol in un rapporto 1:10. Per le cinquantamillesimali (LM) il procedimento non cambia ma il rapporto sarà 1:50000. Per le diluizioni korsakoviane (K) si segue invece un metodo differente ideato da un allievo di Hahnemann, il capitano Korsakov; egli utilizzò un solo flacone da 15 ml in cui si versano 5ml di tintura madre in un flacone, poi viene agitato vigorosamente e quindi svuotato. Successivamente al flacone iniziale si aggiunge acqua distillata per diluire il volume di TM rimasto sulle pareti del flacone. Si agita nuovamente per 100 volte ottenendo così la prima diluizione korsakoviana, la 1K. Il procedimento continua per ottenere la seconda diluizione e le seguenti.
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Riferimenti bibliografici
- Ugolini P., Graziosi S., Terapia omeopatica degli stati acuti, Edi- Lombardo, Roma, 2007.
- Brandl S., Omeopatia pocket, CIC Ed. Internazionali, Roma, 2006.
- Dujany R., Introduzione all’omeopatia, Novara, Ed. Red, Novara, 2003.
La cataratta è la malattia oculare più conosciuta nell'anziano, ma ci sono altre patologie che, se non riconosciute e curate in tempo, possono portare alla cecità. Glaucoma e retinopatia diabetica, per esempio, possono essere trattate a seguito di una tempestiva diagnosi fatta...
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