Quando si parla di ritenzione idrica si fa riferimento ad uno specifico quadro
clinico, caratterizzato da una molteplicità di sintomi legati a cause differenti.
Il disturbo, molto diffuso, colpisce sia uomini che donne ma la sua incidenza
è nettamente superiore nel sesso femminile.
La ritenzione idrica è, nella sua definizione più semplice e chiara, la tendenza
a trattenere i liquidi che invadono tutti i distretti dell’organismo, per poi
concentrarsi principalmente in zone specifiche predisposte all’accumulo di grasso:
pancia, fianchi, glutei e gambe. Quando la ritenzione si focalizza nella parte
superiore del corpo, può presentarsi con un gonfiore al viso e sotto gli occhi
(le cosiddette “borse”), ma anche alle braccia e alle mani. Se si manifesta nella
parte centrale, le aree colpite sono quelle dell’addome, dei fianchi e dei glutei.
La zona inferiore del corpo è la più colpita a causa della forza di gravità e
della posizione eretta continua che causa uno squilibrio della circolazione. In
questo caso la ritenzione si estende alle gambe, alle ginocchia e alle caviglie,
fino ai piedi.
Nella porzione corporea centrale e quella inferiore si manifesta frequentemente
un fenomeno, spesso erroneamente confuso con la ritenzione idrica: la cellulite.
Quest’ultima è un’alterazione dei tessuti sottocutanei che provoca un accumulo
di liquidi e tossine tra una cellula e l’altra. Tale condizione determina un inestetismo
cutaneo visibile all’esterno, la cosiddetta “pelle a buccia d’arancia”.
Nella ritenzione idrica si verifica uno squilibrio tra la quantità di potassio
presente all’interno delle cellule e quella di sodio, contenuta nella parte esterna;
quando il sodio aumenta e viene meno questo equilibrio, l’organismo è indotto
a trattenere più acqua per diluire fluidi e tossine.
L’accumulo di liquidi in eccesso nello spazio interstiziale dei tessuti genera
un rigonfiamento anomalo, chiamato edema, che costituisce il sintomo principale
della ritenzione idrica. L’edema è un fenomeno legato ad un cattivo funzionamento
del sistema linfatico e venoso; esso provoca un ristagno di liquidi e di tossine
che altera il metabolismo cellulare.
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La ritenzione idrica è considerata erroneamente causa di sovrappeso e questa
sopravvalutazione dei suoi effetti ha generato, da sempre, grande confusione.
In realtà, in alcuni casi, può comportare un aumento di peso (fino a 5 kg) e provocare
pesantezza e dolore agli arti. Tuttavia, tale condizione non determina il sovrappeso,
ma, al contrario, è quest’ultimo a causarla, poiché genera un rallentamento della
diuresi (eliminazione di urina dall’organismo)
Il disturbo può essere suddiviso in diverse tipologie in base alla sua causa
scatenante:
- Ritenzione idrica primaria (o circolatoria): deriva dal malfunzionamento del
sistema venoso e linfatico; la scarsa tonicità delle vene legata alla ridotta
capacità delle pareti, produce il ristagno nelle vene di una parte del sangue.
Questo accumulo genera il trasudamento dei liquidi che passano, attraverso i capillari,
dalle vene agli spazi interstiziali. Tale processo provoca il fenomeno della stasi
venosa, caratterizzata da edemi, gonfiore, dolore, senso di pesantezza, crampi
e discromie cutanee. La stasi venosa si concentra principalmente sugli arti inferiori
e sulle caviglie.
- Ritenzione idrica secondaria: è causata da patologie specifiche, spesso gravi,
che interessano reni, cuore, apparato urinario e sistema linfatico. Le malattie
associate a ritenzione idrica sono l’insufficienza renale e cardiaca, l’ipertensione,
le patologie della vescica e del fegato, il linfedema (anomalo accumulo di linfa
causato da uno squilibrio del sistema linfatico).
- Ritenzione idrica iatrogena: si verifica in seguito all’uso massiccio e prolungato
di farmaci. Le classi responsabili dello sviluppo del sintomo sono gli antinfiammatori,
i cortisonici, i contraccettivi e la terapia ormonale sostitutiva, utilizzata
in menopausa.
- Ritenzione idrica alimentare: è causata da un’alimentazione scorretta e da
uno stile di vita poco sano, caratterizzato da scarsa o nulla attività fisica,
immobilità della postura, condizioni croniche di ansia e stress. Anche se il sovrappeso
spesso coesiste con la ritenzione idrica, seguire una dieta ipocalorica troppo
rigida può aggravare il disturbo, invece di migliorarlo. Infatti, nei regimi alimentari
ipocalorici scarseggia la quantità di proteine, che è invece necessaria per prevenire
la ritenzione idrica.
Altre cause scatenanti sono:
- L’ipotiroidismo: in questa patologia tiroidea è presente un rallentamento del
metabolismo, con conseguente aumento ponderale non giustificato dall’alimentazione
e tendenza a trattenere i liquidi.
- Le intolleranze alimentari: introducendo gli alimenti che provocano intolleranze
si determina un danno alle cellule che producono tossine e richiamano acqua per
diluire quest’ultime e gli allergeni, causando gonfiore nei tessuti.
- Gravidanza e allattamento: durante il periodo di gestazione la ritenzione idrica
è causata, oltre che dai cambiamenti ormonali, dalla compressione delle vene sull’addome
generata dal peso del bambino; per questo motivo, la circolazione sanguigna è
ancora più rallentata e crea dei ristagni di liquidi e gonfiori, concentrati soprattutto
su piedi e caviglie. Nella fase di allattamento, invece, la ritenzione idrica
si manifesta perché la prolattina, ormone prodotto dall’ipofisi per stimolare
la produzione di latte, tende a far trattenere i liquidi corporei.
- Periodo ovulatorio e premestruale: nella fase ovulatoria e in quella che precede
le mestruazioni, si verifica una ritenzione idrica accentuata e un lieve aumento
di peso. Questa variazione deriva da uno squilibrio nella concentrazione degli
ormoni che si verificano durante il ciclo.
- Menopausa: come avviene nel ciclo mestruale, in questa condizione la ritenzione
idrica è legata a fattori ormonali.
- La ritenzione idrica può manifestarsi sotto forma di gonfiori anche in seguito
ad interventi chirurgici:
Molti altri fattori che rientrano nello stile di vita del soggetto, come un eccessivo
consumo di alcolici e di caffè, la masticazione veloce, la cattiva respirazione
in ambienti inquinati, possono determinare o peggiorare la ritenzione idrica.
Anche i cambiamenti climatici hanno un’azione sul sintomo: un sostanziale aggravamento
della ritenzione, infatti, si verifica in primavera e in estate, quando sopraggiunge
il caldo. Il calore dilata i capillari periferici, la circolazione rallenta e
il sangue fa più fatica a risalire verso il cuore: per questo le gambe si gonfiano
e il soggetto avverte un senso di pesantezza.
Ritenzione idrica e alimentazione
Nella gestione e cura della ritenzione idrica, la dieta, intesa come un sano
regime alimentare, assume un ruolo fondamentale. La prima cosa che viene consigliata
a chi soffre di questo disturbo, è di ridurre il sale e i cibi contenenti sodio.
Il sodio trattiene l’acqua nei tessuti e impedisce lo smaltimento dei liquidi,
quindi è necessario eliminare o ridurre tutti quei cibi che ne contengono in grande
quantità come gli insaccati, i prodotti pronti e quelli industriali come i dadi,
la margarina, i sottaceti, le olive in salamoia, la pizza, il pane molto salato,
i formaggi.
Per eliminare i liquidi in eccesso, oltre ad agire sulle cause quando risiedono
in determinate patologie, è fondamentale seguire una dieta equilibrata ricca di
frutta e verdura, moderare il consumo di zuccheri e farinacei raffinati, svolgere
una regolare attività fisica e bere almeno due litri d’acqua oligominerale al
giorno. Inoltre, per combattere il disturbo è utile bere infusi o succhi naturali:
essendo isotonici, diluiscono il sodio nel sangue e aiutano ad eliminare i liquidi
con le urine.
Il sodio ha un suo antagonista, fondamentale per regolare i liquidi e per stimolare
la diuresi: il potassio. Assumere questo minerale aiuta l’eliminazione del sodio
e controlla la comparsa della ritenzione idrica. Il potassio è contenuto in molti
alimenti tra i quali: carni bianche (pollo e tacchino), merluzzo, sgombro, sardine,
noci, mandorle e nocciole, banane, kiwi, anguria, melone, patate, spinaci, piselli,
fagioli, finocchi.
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Lettura psicosomatica della ritenzione idrica
Dietro al sintomo della ritenzione idrica c’è un meccanismo che prima di essere
organico, ha una sua origine nel mentale. Il “trattenere” a livello psicologico
emozioni, pensieri negativi, la tendenza a fare determinate cose, si traduce in
una reazione fisica che modifica la frequenza cardiaca e respiratoria, rallenta
la circolazione, crea infiammazione nei vasi sanguigni, fino a coinvolgere il
sistema di drenaggio del corpo.
Un altro aspetto molto importante da considerare nell’approccio alla ritenzione
idrica (come in tutte le patologie) è il ruolo dello stress. Gli stati di forte
tensione e ansia agiscono sull’apparato immunitario e su quello endocrino, a causa
dell’aumento della produzione di cortisolo, ormone prodotto dalle ghiandole surrenali.
Comunemente chiamato “l’ormone dello stress”, il cortisolo aumenta la ritenzione
idrica e indebolisce le difese immunitarie.
Il simbolismo racchiuso nel disturbo aiuta a comprendere quanto sia importante
indagare sul vissuto emotivo del soggetto nel quale la ritenzione idrica non è
solo l’espressione di un fastidioso inestetismo, ma la traccia organica di emozioni
negative, problemi relazionali, stati d’ansia acuti, sensazione di essere in trappola
e di non poter cambiare alcuni aspetti dell’esistenza.
Modificare lo stile di vita non significa solo alimentarsi in modo sano, consumare
regolarmente acqua e fare movimento, è imparare a gestire gli stati emotivi, elaborare
i propri vissuti e abbassare il più possibile la soglia dello stress quotidiano.
La psicoterapeuta francese Christine Sarah Carstensen, attraverso la sua esperienza
clinica, ha individuato determinati aspetti psicologici che concorrono nella genesi
della ritenzione idrica, così come nella difficoltà a raggiungere il dimagrimento.
Secondo tale teoria, determinati shock emotivi che fanno parte del lontano vissuto
individuale, vengono “riattivati” attraverso un altro fenomeno o evento che viene
percepito con lo stesso sentire, anche se apparentemente diverso. La psicoterapeuta
ha individuato alcune chiavi, nove precisamente, che corrispondono ad eventi traumatici;
questi ultimi, riproponendosi, generano il malessere che si traduce in desiderio
compulsivo di cibo, cattive abitudini alimentari e stili di vita errati che causano,
a loro volta, aumento di peso e ritenzione idrica. Per poter evitare questa riattivazione
e le sue conseguenze, il soggetto deve lavorare su di sé per “svelare” il trauma
originario e far si che esso non si riproponga. Tra le nove chiavi individuate
dalla Carstensen, alcune corrispondono a condizioni ed eventi molto frequenti
nella vita di ogni individuo: l’abbandono (non solo affettivo, ma anche in senso
esteso, come la rinuncia ad un progetto professionale o di vita), la paura, il
timore della mancanza, l’insicurezza e il rifiuto di sé, il senso di vuoto.
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