“L’organo sano diluito e dinamizzato agisce sull’organo malato per ristabilirne
il funzionamento alterato”.
(C. Bergeret)
Sulla scia delle terapie omeopatiche sono sorte altre discipline, definite bioterapiche, che si sono fatte strada basando la loro metodologia sui principi del simile
e delle dosi dinamizzate. L’Organoterapia è, più precisamente, una terapia omeo-organo
dinamica nata dall’evoluzione dell’omeopatia. A differenza di quest’ultima, che
si basa sul principio della Similitudine (Similia similibus curantur - il simile
viene curato con il simile), l’Organoterapia si fonda invece sulla Legge di Identità
tra organo malato e organo sano somministrato come rimedio.
L’obiettivo di questo metodo terapeutico è quello di riequilibrare il funzionamento
alterato dell’organo umano malato utilizzando il suo omologo sano, diluito e dinamizzato.
Gli organi sani utilizzati non sono di origine umana ma animale; il loro impiego,
tuttavia, è vincolato ad condizione necessaria, ovvero che ci sia compatibilità
antigenica tra l’animale donatore e l’uomo ricevente; per soddisfare questo criterio
vengono utilizzati gli organi endocrini e digestividel suino e i tessuti del
montone per trattare il sistema nervoso centrale e periferico. Gli estratti tessutali
e ghiandolari vengono utilizzati non concentrati, ma diluiti e dinamizzati secondo
il metodo di Hahnemann (padre dell’omeopatia).
Questa caratteristica fondamentale distingue l’Organoterapia dall’Opoterapia,
con la quale spesso viene confusa; la loro fondamentale differenza è che la prima
è una terapia basata sul metodo omeopatico di stimolazione d’organo mentre la
seconda è una terapia allopatica di sostituzione d’organo.
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L’opoterapia è ben definita, contiene solo pochi ceppi e si assume a diluizioni
inferiori alla 3 CH; essa agisce sui recettori periferici utilizzando ormoni isolati
dalle ghiandole o estratti per via sintetica.
L’organoterapia è una pratica terapeutica sperimentata e applicata fin dagli
anni Ottanta dalla farmacopea tedesca e francese. Il primo a profetizzare questo
sistema terapeutico nel 1833 fu Johann Joseph Wilhelm Lux, medico veterinario
di Lipsia, contemporaneo di Hahnemann. Successivamente ne tracciò i principi fondamentali
il Dr. J.F. Herrmann, un medico omeopata di Thalgau, che nel 1848 pubblicò un’opera
che stabiliva “la potenza medica della sostanza degli organi nelle malattie di
organi omologhi”. Il filone continuò in Francia con un’importante opera del Dr.
C. I. Flasschoen intitolata “Sul metodo omeo-organico dinamico e dinamizzato del
Prof Brown-Sèquard” che illustrò la descrizione del metodo accompagnata da numerose
e accurate osservazioni. Più recentemente la scuola omeopatica francese di Fortier-
Bernoville ha confermato la validità dell’organoterapia. I medici Max Tétau e
Claude Bergeret sono due omeopati francesi contemporanei che nel 1971 pubblicarono
“L'Organothérapie Diluée et Dynamisée”, importante opera (ripubblicata poi fino
alla sua quarta edizione nel 1984) dove vengono definiti i metodi e le indicazioni
cliniche dell’organoterapia.
La metodologia terapeutica è stata oggetto di numerose polemiche in merito alla
sua collocazione nell’ambito disciplinare dell’omeopatia, dove affonda le sue
origini.
Il principio terapeutico degli organoterapici non segue la legge del similema
quella dell’identico. Questa terapia è affidabile, efficace, semplice nella sua
applicazione e rappresenta un mirabile complemento di due importanti metodi di
cura: l’omeopatia e l’agopuntura.
Nel tempo molti omeopati famosi hanno utilizzato questa pratica terapeutica in
modo abituale e tutt’oggi viene prescritta con ottimi risultati per numerose affezioni.
Ma l’importanza dell’Organoterapia non è legata solo alla sua efficacia e alla
sua capacità di integrarsi perfettamente con altri approcci clinici, ma anche
ad una rilevante apertura verso un immunologia moderna in cui intervengono sostanze
diluite in modo infinitesimale, come avviene nell’ ambito omeopatico.
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L’assunto fondamentale dell’azione degli organoterapici consiste nello stimolare
e nel regolare l’organo da curare. Per raggiungere questo obiettivo le potenze
non devono scendere al di sotto della 3ª decimale (1·10ˉ³), condizione che determina
la presenza di dose ponderale; in questo caso non si tratterebbe più di organoterapia
ma di opoterapia, quindi di terapia sostitutiva allopatica.
Ricerche immunologiche più moderne hanno dimostrato che ad un certo livello di
diluizione, all’incirca intorno a 1·10ˉ⁶, la natura dell’animale donatore non
è più presente; in questa condizione si perde la Specificità di Specie ma si mantiene
la Specificità di Organo, ovvero una specificità riferita al tessuto utilizzato
e non alla specie di appartenenza.
La specificità d’organo è un principio che si riferisce a derivati di organi
diluiti omeopaticamente che sono simili a quelli derivati da organi umani omologhi
poiché, nonostante la differenza di specie, vi sono molte somiglianze strutturali
e funzionali.
Una condizione necessaria, quando si utilizzano le diluzioni degli estratti d’organo
che apportano i loro specifici antigeni, è che sia certa la natura del ceppo organoterapico.
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