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L’ARTERIOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA DEGLI ARTI INFERIORI |
A cura di Fabio Raja |
Chi rischia
L’arteriopatia ostruttiva periferica colpisce prevalentemente i maschi e la sua frequenza aumenta con l’età, specie dopo i 60 anni, mentre le donne sono relativamente protette, almeno sino ai 70 anni. In seguito, il rischio tra i due sessi tende a pareggiarsi. Il fumo è il fattore di rischio più importante. Tutti gli studi hanno confermato che lo sviluppo dell’arteriopatia ostruttiva periferica è strettamente collegato al vizio di fumare e, continuare a fumare anche dopo la comparsa dei primi disturbi, contribuisce ad aggravare la malattia. Il diabete mellito è altrettanto importante nello sviluppo della malattia ed i diabetici, non solo hanno più probabilità di avere l’arteriopatia ostruttiva periferica , ma rischiano, di più, un’evoluzione della verso forme più gravi. Anche ipertensione e ipercolesterolemia ne favoriscono la comparsa.
I sintomi
I disturbi dell’arteriopatia ostruttiva periferica sono molto variabili e dipendono dalla gravità dell’ostruzione delle arterie
e dallo sviluppo dei cosiddetti circoli collaterali.
È evidente che placche piccole e scarse non riducono di molto il flusso del sangue
e causano pochi o nessun disturbo, mentre se sono grosse e numerose, possono chiudere
completamente i vasi e permettere solo ad una piccola quantità di sangue di raggiungere
le gambe con gravi conseguenze.
Bisogna dire, però, che il nostro organismo, in questi casi, corre ai ripari
attraverso la costruzione di nuovi vasi sanguigni che cercano di aggirare il blocco.
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L’evoluzione
Bisogna dire che l’AOP è una delle manifestazioni dell’arteriosclerosi che interessa
le arterie che portano il sangue alle gambe - aorta addominale, arteria iliaca,
femorale e poplitea - ma, in realtà, è solo un aspetto di una malattia più diffusa
che colpisce tutti i vasi del corpo. In pratica, il danno è esteso anche alle
arterie che irrorano il cervello, il cuore e gli organi addominali.
Il paziente con AOP, specie se ha già disturbi alle gambe, rischia, perciò, di
avere, nel giro di pochi anni, un infarto al cuore o un ictus cerebrale.
Le manifestazioni a livello degli arti inferiori hanno, in confronto, un andamento
relativamente migliore, perché solo 2 pazienti con claudicatio su 10, peggiora nel corso degli anni, e solo 5 su 100 richiedono d’interventi
chirurgici.
La gran maggioranza dei pazienti con AOP non peggiora o addirittura migliora
per quanto riguarda la circolazione delle gambe, grazie allo sviluppo di buoni
circoli collaterali e i rischi maggiori sono perciò, quelli, per il cuore e la circolazione del cervello.
Anche i soggetti asintomatici con AOP, quelli cioè con placche diffuse alle arterie delle gambe ma senza alcun
disturbo nel camminare, hanno un rischio maggiore da 2 a 5 volte, di avere ictus
o infarti, nel corso degli anni.
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Scoprire precocemente d’avere un’AOP permette di intervenire per tempo sui fattori
di rischio - fumo soprattutto, ma anche ipertensione e colesterolo alto - in modo
da ridurre il pericolo di avere un infarto o un ictus.
È bene, perciò, che chi ha uno o più fattori di rischio (specie chi fuma!) sappia
cogliere precocemente i segni di un’eventuale insufficienza della circolazione
arteriosa alle gambe.
Le caratteristiche del dolore permettono di distinguere l’arteriopatia ostruttiva periferica da altre malattie che causano dolore alle gambe. Il dolore da claudicatio compare dopo un certo tratto di cammino, si attenua e scompare rallentando la
marcia o fermandosi.
Il dolore da altre cause (malattie dei nervi come la sciatica) non si attenua
arrestando il cammino, ma anzi, spesso aumenta con lo stare in piedi o seduti.
La localizzazione del dolore, inoltre, ci fa capire dove è il problema: il dolore
al polpaccio è il risultato di danni a livello dell’arteria femorale superficiale,
mentre il dolore alle cosce o alle natiche è segno di ostruzioni di arterie più
alte, come le arterie iliache e l’aorta.
In quest’ultimi casi, spesso, è presente nell’uomo impotenza sessuale, poiché
il flusso di sangue agli organi genitali è gravemente compromesso.
Le cure
Le cure dell’AOP hanno tre obiettivi:
Per conseguire il primo obiettivo è necessario agire sui fattori di rischio, in primo luogo il fumo. Cessare l’abitudine di fumare è essenziale, perché riduce immediatamente i rischi, anche se sono necessari anni per annullarli del tutto. È importante che l’astensione dal fumo sia completa perché anche una sola sigaretta al giorno può aggravare i danni delle arterie.
Il secondo obiettivo è raggiungibile con l’esercizio fisico. Camminare, infatti, favorisce lo sviluppo di circoli collaterali e consente di aumentare gradatamente il tratto di cammino percorso, così che questi pazienti possono allungare la marcia senza dolore anche per più di 200 metri. Sembra che i risultati migliori si abbiano quando i pazienti continuano a camminare anche dopo la comparsa del dolore, cercando di resistere il più possibile perché, probabilmente, si favorisce in tal modo lo sviluppo di circoli collaterali . Molti medici sono dubbiosi che l’attività fisica eseguita solo su consiglio, senza supervisione d’esperti, sia utile a migliorare l’autonomia di marcia e consigliano di rivolgersi sempre a centri riabilitativi competenti. È bene dire che il migliore esercizio è proprio il camminare, mentre altri esercizi, come l’andare in bicicletta, non hanno effetti benefici.
Raccomandazioni per questi pazienti:
I diabetici devono porre particolare cura per i piedi allo scopo di prevenire traumi ed infezioni. Devono, inoltre, scegliere calzature adatte che non ostacolino la circolazione a livello del piede.
Poiché la pressione alta è un fattore di rischio per l’AOP, i medici raccomandano di tenere la pressione controllata, preferibilmente sotto 130 la massima e 85 la minima.
Le cure farmacologiche
L’aspirina e altre sostanze che contrastano la tendenza delle piastrine ad aggregarsi
sulla placca erteriosclerotica, per questo motivo chiamate antiaggreganti, sono
comunemente prescritte ai pazienti con AOP.
Questi farmaci sono in grado di rallentare l’evoluzione della malattia e ridurre
la necessità di intervenire chirurgicamente. L’aspetto più importante di queste
cure non riguarda, però, la circolazione degli arti inferiori, ma la loro capacità
di prevenire l’infarto cardiaco e l’ictus, poiché, come detto, l’AOP è soprattutto
la spia di un’arteriosclerosi grave e diffusa. In definitiva, l’aspirina e gli
antiaggreganti, in generale, difficilmente miglioreranno la marcia di questi pazienti,
ma, in compenso, riducono la possibilità di complicazioni cerebrali o cardiache.
La terapia con anticoagulanti, al contrario, né migliora la marcia né riduce
il rischio d’ictus e infarti. Espone, invece, al rischio di gravi emorragie. Queste
cure sono, perciò, indicate solo in particolari casi.
I pazienti con improvviso peggioramento dei disturbi, infine, devono ricorrere
alle cure del chirurgo vascolare per valutare la possibilità di un intervento
di rivascolarizzazione o un’angioplastica.
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