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Nel 1761, il patologo Giovanbattista Morgagni descrisse per la prima volta una particolare degenerazione del fegato umano. In alcuni esami anatomici aveva trovato un fegato più piccolo e più duro del normale, di colorito giallastro anziché rosso scuro, con una superficie irregolare, formata da noduli più o meno grossi, separati da lamine biancastre. Nel 1826, Lennec, riprese gli studi di Morgagni e chiamò quest’aspetto del fegato, “cirrosi” dal greco “giallastro”.
Oggi, la cirrosi è un’alterazione ben conosciuta e sappiamo che non è un malattia, ma piuttosto la fase finale di molte affezioni del fegato. Le cellule del fegato, danneggiate da cause varie, in un primo tempo si alterano, poi muoiono e sono sostituite da un tessuto cicatriziale, duro ed inadatto a fare le molte e complicate trasformazioni chimiche delle cellule sane. Il fegato ha una straordinaria capacità di rigenerarsi, ma questa sua proprietà, in un certo senso, peggiora le cose, poiché provoca la formazione di numerosi noduli di nuove cellule, circondate dal tessuto cicatriziale. Bisogna sapere che il fegato ha un’architettura molto complicata: le cellule, i vasi sanguigni, quelli che contengono la bile ed altri parti, hanno posizioni e rapporti tra loro ben precisi.
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Fegato sano |
Fegato affetto da cirrosi |
La morte di moltissime cellule, la successiva formazione delle cicatrici e dei noduli di nuove cellule, modifica fortemente, e per sempre, questi rapporti. L’organizzazione del fegato è sconvolta e il numero totale delle cellule funzionanti si riduce, provocando gli importanti disturbi della cirrosi. Ė come se in una città, fatta di case, strade, piazze, parchi, negozi, uffici, fabbriche, scuole, centri commerciali e via discorrendo, moltissimi edifici crollassero e al loro posto nascesse un fitto intrico di muri, massicci ed insuperabili, mentre qua e là spuntassero pochi edifici, alla rinfusa, senza un piano urbanistico razionale: sarebbe il caos!
Le cause
La cirrosi è il risultato ultimo di varie malattie del fegato, anche se è bene precisare che solo una parte di questi pazienti va incontro alla cirrosi. La più classica delle cause è l’alcolismo. L’alcol, infatti, danneggia direttamente le cellule del fegato e non solo. I forti bevitori, infatti, hanno poco appetito, perché l’alcol dà molte calorie, e per questo, hanno gravi carenze alimentari. La mancanza di vitamine, proteine ed altri elementi nutritivi, peggiora, in questo modo, i danni al fegato. La cirrosi, inoltre, compare nei pazienti, ma non in tutti, affetti da epatite B, C e D, epatite autoimmune, certe malattie da parassiti, ristagno persistente di bile nel fegato e grave insufficienza del cuore. Può, inoltre, essere la conseguenza dell’assunzione d’alcuni farmaci e dell’esposizione a sostanze chimiche tossiche.
I sintomi
In molti casi la cirrosi non da segni sino a quando una complicazione non la rivela in modo improvviso. Nei pazienti senza disturbi la cirrosi può essere scoperta per la comparsa di un’avvisaglia apparentemente insignificante, oppure da un'alterazione negli esami del sangue o nel corso di un’ecografia dell’addome. Campanelli d’allarme sono un’alterazione delle transaminasi, delle gammaGT, della fosfatasi alcalina, un aumento delle gammaglobuline, una riduzione del numero delle piastrine o un test del sangue positivo per un marcatore dell’epatite virale. Si tratta, tuttavia, di segni molto generici e comuni a molte malattie, alcune anche di poco conto. Il malato, qualche volta, cerca l’aiuto del medico perché si sente stranamente stanco o ha una modesta febbre, specie nelle ore serali. Altre volte la diagnosi, invece, è possibile a prima vista, poiché, nella cirrosi avanzata, il paziente si presenta denutrito con muscolatura esile, addome disteso, pelle scura o giallastra, alito caratteristico e scarsa lucidità di mente. Altre volte la malattia è scoperta per l’improvvisa comparsa di una complicazione.
L’ascite
L’ascite è la complicazione più frequente e consiste nell’accumulo di liquido nell’addome. L’addome è, infatti, come una scatola, al cui interno troviamo stomaco, fegato, milza, piccolo intestino e colon. Tra questi organi c’è normalmente un sottilissimo strato liquido, mentre nel cirrotico con ascite, si accumulano litri e litri di liquido: l’addome aumenta di volume, talora in modo esagerato, e spesso compare un’ernia a livello dell’ombelico.
L’ascite è provocata da più motivi:
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L’ipertensione portale è, oltre a ciò, responsabile di un’altra complicanza: le varici dell’esofago. Il sangue, che ristagna nella vena porta cerca in ogni modo di raggiungere il cuore, anche a costo di saltare il fegato. E, in parte, vi riesce attraverso una ragnatela di vene che si trovano nell’esofago e che mettono in comunicazione la vena porta con il circolo sistemico. Sono, in altre parole, come una scorciatoia che mette in contatto il circolo “portale” con quello “sistemico” senza passare attraverso il fegato. Purtroppo queste vene non sono state progettate per sopportare un flusso così grande e, alla lunga, le loro pareti si sfiancano e si formano delle varici, né più né meno come quelle che possiamo vedere sulle gambe di molte persone. Il sangue esercita sulle pareti di queste vene una pressione che non può essere sopportata, poiché, di norma, la pressione venosa è bassissima e le vene hanno, perciò, pareti sottili. Così può accadere che una vena si rompa. Se capita alle varici delle gambe non ci sono pericoli, poiché è sufficiente mettere una benda stretta sul punto di sanguinamento, o sollevare l’arto, per arrestare immediatamente la perdita di sangue. Le cose sono, si capisce, molto più gravi se questo avviene dentro l’esofago, perché tamponare l’emorragia richiede, in questi casi, il ricovero e un intervento endoscopico. Queste emorragie, inoltre, sono sempre piuttosto abbondanti e tendono a ripresentarsi, mettendo ogni volta in serio pericolo il paziente.
Il coma epatico
Un’altra conseguenza dell’aumento di pressione nella vena porta è la comparsa, in certe condizioni, d’alterazioni della coscienza sino al coma. Come si è detto, di regola, il sangue, carico dei prodotti della digestione, prima passa attraverso il fegato, poi raggiunge il cuore e da qui tutto il corpo, cervello compreso. Questo accade per permettere al fegato di eliminare dal sangue certe sostanze, originate dalla digestione, che sono dannose per il cervello. L’ostacolo al passaggio del sangue attraverso il fegato, obbliga il sangue a cercare altre strade per raggiungere il cuore, cosa che può fare attraverso le vene esofagee, le vene emorroidarie ed altre ancora. Se questo “salto” ha, da un lato, effetti buoni, perché alleggerisce un po’ la pressione nella vena porta, da un altro punto di vista, ha effetti pessimi perché fa arrivare al cuore, e quindi al cervello, sangue non depurato, carico dei tossici. Il malato presenta, prima, alterazioni della coscienza e poi uno stato di coma.
La cura della cirrosi
Non esiste alcuna cura per la cirrosi, se non la ricerca e la cura dell’eventuale
causa prima che il fegato si deteriori gravemente.
Nei bevitori, per esempio, l’astinenza per tempo dall’alcool può migliorare e
persino fermare l’evoluzione del danno epatico verso la cirrosi. In passato si
prescrivevano cure con ormoni anabolizzanti o farmaci che si pensava migliorassero
la salute delle cellule del fegato, ma oggi sono state abbandonate perché inutili.
È possibile solo la terapia "sintomatica" della cirrosi: questo significa che
possiamo cercare di controllare le complicanze come l’ascite o i sanguinamenti.
Le prospettive di pazienti con cirrosi complicata sono negli ultimi anni radicalmente
cambiate con l’avvento del trapianto del fegato che è una cura efficace e attuata
in molti centri italiani d’ottimo livello.
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