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DIABETE MELLITO(A cura della Dott.ssa Nadia Borrillo) |
Attualmente il diabete mellito ha assunto importanza sociale per il progressivo
aumento dell'incidenza della malattia. Ciò è legato anche ad un regime di vita
che in seguito al benessere economico è sempre più sedentario ed ha favorito un'alimentazione
eccessiva rispetto al fabbisogno energetico.
Solo negli Stati Uniti si è calcolato che ne sono affette 15 milioni di persone.
In Italia quasi 2 milioni di persone.
Cenni storici
Si ha notizia di questa malattia già presso gli Egizi, nel 500 a.C., dove veniva
descritta come una condizione morbosa caratterizzata da sete estrema e dalla produzione
di grande quantità di urina dolce. Poiché tale disordine colpiva preferibilmente
i ricchi, si pensava fosse dovuta a peccati di gola.
Nella Grecia del primo secolo si utilizzò il termine di Diabete (passaggio attraverso un sifone ) per indicare il passaggio del materiale energetico attraverso le urine: carne
e membra che si sciolgono nelle urine. Successivamente, nel 1700 circa, venne
aggiunto il termine Mellitus, termine latino che significa miele per differenziare la eccessiva produzione
di urina dolce dalle altre cause di diuresi eccessiva. Nel 1900 il diabete venne
riprodotto sperimentalmente nei cani e si individuò il difetto nel pancreas. Nel
1920 venne scoperta l'insulina. Dal 1960 in poi vennero sempre più chiariti i meccanismi e le cause di questa
complessa patologia. Le terapie utilizzate fino agli inizi del 1900 erano basate
sull'uso di svariate diete fino all'utilizzo del digiuno. Solo nel 1921 si utilizzò
l'insulina, consentendo finalmente la sopravvivenza a chi ne era colpito. Nel
1950 vennero introdotti agenti ipoglicemizzanti orali.
Definizione
Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, cioè da un aumento degli zuccheri (glucosio) presenti nel sangue, causata da una ridotta secrezione di insulina da parte del pancreas o dalla combinazione di ridotta secrezione di insulina e di resistenza dei tessuti periferici all'insulina.
Il glucosio è normalmente presente nel sangue e rappresenta la nostra principale forma di
energia per i muscoli ed altri organi.Per il cervello è addirittura l'unica fonte
di energia. Le altre fonti energetiche sono le proteine e i grassi.
Il glucosio è fornito dall'alimentazione al momento dei pasti. L'utilizzazione
di questo "carburante" è possibile solo in presenza di Insulina. L'Insulina è un ormone prodotto dal pancreas, esattamente dalle cellule beta delle isole
di Langerhans.
L'insulina ha molte funzioni, una di queste è quella di trasportare i carboidrati ai tessuti. L'insulina quindi promuove il trasporto del glucosio all'interno delle cellule
dove questo viene utilizzato od immagazzinato. Ad esempio, l'insulina trasporta
all'interno delle cellule muscolari il glucosio, che viene utilizzato durante
l'esercizio fisico intenso.
L'insulina non agisce solo sul metabolismo dei glucidi ma agisce anche sul metabolismo
delle proteine e dei grassi. Durante i pasti il glucosio assorbito e riversato
nella circolazione sanguigna provoca un rialzo della glicemia, il pancreas secerne
una quantità di insulina sufficiente a determinare una rapida assunzione, immagazzinamento
o utilizzazione del glucosio da parte di quasi tutti i tessuti dell'organismo,
ma specialmente del fegato, dei muscoli e del tessuto adiposo.
La glicemia viene quindi riportata a valori normali( 80-100 mg/dl).
Il fegato immagazzina circa il 60% del glucosio presente nel pasto per reimmetterlo
nel sangue in condizioni di bisogno: digiuno, attività fisica intensa, situazioni
di stress.
Nel diabete questo non avviene. La glicemia sale, una parte dello zucchero in
eccesso viene eliminato dal rene con le urine, si ha cioè glicosuria.
La glicemia però non si alza solo dopo i pasti, ma anche durante il giorno perché
viene prodotto glucosio dal fegato. Nel diabete perciò si ha un rialzo della glicemia
postprandiale ma anche della glicemia a digiuno. L'iperglicemia può provocare
danni praticamente a tutti i tessuti.
Tipi di diabete
Dal 1979 in poi la classificazione è basata in parte sull'eziologia (causa) in parte sulla terapia farmacologica utilizzata per il trattamento della malattia.
In pratica esistono principalmente due principali forme di Diabete:
Il Diabete di tipo 1 (o insulino-dipendente , IDDM) è caratterizzato dalla distruzione delle cellule beta di Langerhans pancreatiche che producono insulina.Sono stati individuati più fattori che contribuiscono alla sua comparsa:
1 - fattori genetici , cioè ereditati nella nostra costituzione2 - fattori immunitari, cioè legati ad una particolare difesa del nostro organismo contro le infezioni3 - fattori ambientali, che dipendono dall'azione contro il nostro organismo di batteri, virus, sostanze chimiche.I dati attualmente disponibili indicano che la distruzione delle cellule pancreatiche avviene in soggetti geneticamente suscettibili. Tale suscettibilità è sicuramente poligenica, cioè coinvolge più geni del codice genetico. La distruzione avviene per un meccanismo autoimmune. Un evento precipitante di natura ambientale (virus, tossine, ecc) inizia il processo autoimmune, cioè vengono formati anticorpi contro le cellule pancreatiche. Si dice che l'organismo ha perso la tolleranza immunitaria nei confronti delle cellule pancreatiche, produce quindi autoanticorpi , cioè cellule di "autodistruzione".
Il Diabete di tipo 2 (diabete mellito non insulino-dipendente , NIDDM) è caratterizzato da una residua secrezione insulinica che però è inadeguata
al fabbisogno dell'organismo; esiste inoltre una resistenza dei tessuti corporei
all'azione dell'insulina ancora prodotta dal pancreas. In questo caso sono più
importanti i fattori genetici, acquisiti ed ambientali. La predisposizione genetica
necessita del concorso dei fattori acquisiti ed ambientali per manifestare la
malattia.
Per fattori acquisiti si intende: età, dieta, sovrappeso e obesità, distribuzione
centrale del grasso, dislipidemia, stress, farmaci, abuso di alcool, ridotta attività
fisica, modernizzazione dello stile di vita, meccanizzazione, urbanizzazione.
Quanto maggiore è la componente genetica tanto minore è l'esposizione ai fattori
acquisiti necessaria ad esprimere lo stato di malattia. Il perdurare della esposizione
di un individuo a questi fattori spiega l'importanza dell'età.
L'importanza dei fattori dietetici è dimostrata dal rapido aumento del numero
di persone affette da Diabete di tipo 2 con la comparsa del benessere economico.
Lo si osserva ad esempio nella migrazioni di gruppi etnici da aree povere ad aree
opulente. L'aumento dell'apporto calorico globale, insieme alla ridotta attività
fisica, comporta obesità, dislipidemia (alterazione dei grassi, colesteroloe trigliceridi,
nel sangue), insulino-resistenza. Forse anche l'eccesso di zuccheri semplici,
proteine, grassi saturi, o la carenza di antiossidanti, vitamina E, ecc, possono
essere responsabili di una alterazione della sensibilità all'insulina o della
secrezione insulinica.
L' importanza dell'obesità con l'incremento del grasso nell'ambito addominale
è un fattore ben apprezzabile: ad esempio nel periodo postmenopausale, dove si
assiste all'aumento della prevalenza del diabete nel sesso femminile. Il Diabete di tipo 2 è molto diffuso e si calcola che fino al 3% della popolazione
ne sia affetto .
Nuova classificazione
Dal 1997 l'Associazione Diabetica Americana ( ADA ) ha rivisto la classificazione
precedente, in uso dal 1979, eliminando i termini insulino e insulinodipendente
e i relativi acronimi IDDM (diabete mellito insulino-dipendente) e NIDDM (diabete
mellito non insulino- dipendente), al loro posto vengono mantenuti i termini diabete
mellito di tipo 1 e di tipo 2.
I termini IDDM e NIDDM precedentemente usati rappresentano una classificazione basata sul trattamento
e non sull'eziologia (causa) e forniscono un quadro contraddittorio in quanto
anche il diabetico di tipo 2 (indicato in precedenza con la sigla NIDDM) può richiedere
un trattamento con insulina.
Attualmente la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha deciso di allinearsi
al criterio diagnostico suggerito dall' ADA e dall'Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS).Questi sono i nuovi criteri di classificazione.
Diabete Mellito di tipo 1, viene suddiviso in:
Diabete Mellito tipo 2, viene suddiviso in:
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Si riferisce ad un diabete che esordisce durante la gravidanza.
Ridotta tolleranza al glucosio (IGT) e alterata glicemia a digiuno (IFP)
diagnosi di IGT viene posta quando una persona ha valori glicemici compresi fra la normalità e il diabete, cioè glicemia postprandiale a distanza di 2 ore tra 140 e 200 mg/dl. Questi pazienti hanno normalmente una glicemia a digiuno normale o modestamente elevata, mentre hanno iperglicemia solo quando ricevono un carico orale di glucosio.L'alterata glicemia a digiuno è una nuova categoria diagnostica. La diagnosi di IFP viene posta quando le glicemie a digiuno sono comprese tra 110 e 126 mg/dl.
Altri tipi di Diabete
Questa categoria comprende un'ampia varietà di disordini che non possono essere classificati nella categoria precedente e che riconoscono una causa nota. Comprende il diabete precedentemente conosciuto come diabete secondario (un esempio è il diabete secondario a malattie del pancreas), oppure il MODY, un diabete del giovane che in precedenza veniva collocato nel Diabete di tipo 2.
Diagnosi di Diabete Mellito
Secondo i nuovi criteri, la diagnosi può essere stabilita sulla base di uno dei seguenti tre parametri:
La modifica dei criteri diagnostici della precedente classificazione riguarda i punti 2. e 3. La glicemia a digiuno doveva essere superiore o uguale a 140 mg/dl. Il valore è stato ridotto per poter slatentizzare numerosi casi di diabete non diagnosticato fino alla comparsa delle complicanze.La glicemia a 2 ore durante il test di intolleranza, richiedeva la conferma di un'altra glicemia. ssenzialmente la nuova classificazione si basa sullo studio delle complicanze della patologia diabetica che compaiono precocemente anche con valori di glicemia diagnostici nella precedente classificazione.
Diagnosi per la ridotta tolleranza al glucosio (IGT)
Secondo i nuovi criteri la diagnosi di IGT viene posta se:
Anche in questo caso è diminuita la glicemia a digiuno, inoltre venivano richieste successive misurazioni della glicemia dopo il carico orale.
Diagnosi per l'alterata glicemia a digiuno (IFP)
Viene definita da una glicemia a digiuno maggiore o uguale a 110 mg/dl ma minore di 126 Mg/dl.
Diabete mellito gestazionale
I criteri rimangono invariati. Tutte le donne gravide devono eseguire durante la 24 - 28 settimana di gravidanza un carico orale di glucosio di 50 grammi, seguito a distanza di un'ora dalla determinazione della glicemia. Il test può essere eseguito in qualsiasi momento dalla giornata, indipendentemente dai pasti. Se la glicemia è maggiore o uguale a 200 mg/dl si dovrà eseguire un test di tolleranza al glucosio orale da 100 grammi, con tre misurazioni a distanza di un'ora l'una dall'altra.
Sintomi
I sintomi di insorgenza nel Diabete di tipo 1 sono:
Agli esami di laboratorio:
Tali sintomi insorgono rapidamente ed il paziente spesso necessita di un ricovero ospedaliero per evitare l'insorgenza di complicanze pericolose per la vita conseguenti allo scompenso metabolico (chetoacidosi diabetica).
Il Diabete di tipo 2 viene spesso diagnosticato casualmente nel corso di esami di laboratorio. La malattia si instaura lentamente ed occorre molto tempo prima che sia manifesta iperglicemia e glicosuria. Spesso si fa diagnosi quando è presente una complicanza diabetica.
Nei pazienti affetti da Diabete di tipo 2 sembra esserci una associazione tra resistenza all'insulina, iperinsulinemia (elevati livelli di insulina in circolo), obesità, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, vasculopatia aterosclerotica, tale affezione viene chiamata sindrome X .
Terapia
Il diabete di tipo 1 necessita di terapia insulinica.
Esistono vari tipi di Insulina (ad esempio regolare ed intermedia a seconda della
durata di azione); di solito si usa una terapia intensiva, con quattro somministrazioni
al giorno, cioè tre insuline regolari ai pasti ed una intermedia a più lunga durata
d'azione per tutta la notte, in modo da ottenere una situazione il più possibile
vicina al comportamento del pancreas sano.
Il diabete di tipo 2 viene trattato con diete ipolidiche, antidiabetici orali, in rari casi necessitano di trattamento insulinico (se hanno controindicazioni all'uso degli antidiabetici orali, se è esaurita
la riserva di insulina prodotta dal pancreas, in condizioni particolari quali
ad esempio l'insorgenza di malattie con importante rialzo glicemico).
Gli antidiabetici orali sono farmaci ipoglicemizzanti che agiscono secondo più
meccanismi d'azione.
Due sono le classi più importanti:
L'uso dell'insulina, ma anche degli antidiabetici orali può causare crisi ipoglicemiche,
cioè abbassare troppo la glicemia nel sangue. Il paziente se ne accorge per la
presenza di sintomi quali stanchezza, sudorazioni, tachicardia. In questi casi
è importante eseguire una glicemia capillare per valutarne la gravità, in ogni
caso è sempre bene assumere dei zuccheri veloci (zolletta di zucchero, latte,
succo di frutta) per riportare a valori normali la glicemia.
Tutti i diabetici devono possedere dei reflettometri, strumenti che permettono
la facile esecuzione di glicemie capillari a livello delle dita delle mani.
Obiettivi del trattamento del Diabete
L'obiettivo è la prevenzione delle complicanze diabetiche. Ciò si ottiene seguendo
una corretta igiene di vita. Ciò significa seguire la dieta impostata, fare attività fisica, non fumare, non assumere gli
alcolici (è consentito un bicchiere ai pasti, ma se ne sconsiglia l'uso perché può mascherare
l'insorgenza di ipoglicemie), mantenere un peso normale, curare il proprio corpo, in particolare i piedi per
la prevenzione delle ulcere.
Le complicanze croniche spesso si manifestano 10 - 15 anni circa dopo l'esordio del diabete. Numerosi
studi hanno dimostrato che un rigido controllo glicemico, quindi il frequente
monitoraggio a casa delle glicemie, riduce l'incidenza delle complicanze diabetiche.
La prevenzione deve essere fatta anche mediante frequenti controlli agli esami
di laboratorio del compenso glicemico (mediante il dosaggio dell'emoglobina glicosilata),
del quadro lipidico (colesterolo, trigliceridi nel sangue), della funzionalità
renale (proteinuria delle 24 ore).Inoltre sono necessari controlli cardiologici per la valutazione del rischio cardiovascolare, dell'insorgenza di ipertensione
arteriosa, e oculistici per lo studio della retina.
In questo modo si può mantenere una buona qualità della vita ed evitare o rallentere
l'insorgenza delle complicanze diabetiche.
La cataratta è la malattia oculare più conosciuta nell'anziano, ma ci sono altre patologie che, se non riconosciute e curate in tempo, possono portare alla cecità. Glaucoma e retinopatia diabetica, per esempio, possono essere trattate a seguito di una tempestiva diagnosi fatta...
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