La patologia dell’idrocefalo normoteso (NPH – Normal Pressure Hydrocephalus) dell’anziano è una sindrome clinica descritta nel 1965 da Hakim e Adams, caratterizzata da
una classica triade di sintomi che comprende turbe della deambulazione, incontinenza
urinaria e demenza quali manifestazioni maggiori, in assenza di patologie pregresse
(emorragia subaracnoidea, meningite e trauma cranico), con dilatazione dei ventricoli
cerebrali (idrocefalo comunicante) secondaria ad un’alterata circolazione liquorale,
in persone di età superiore ai 60 anni. È clinicamente importante poiché rappresenta
una delle poche forme di demenza rimediabili, se tempestivamente diagnosticata e trattata; al contrario, se non trattata,
negli anni il declino cognitivo può evolvere verso una vera demenza, irreversibile.
I dati ufficiali riportano 5 nuovi casi diagnosticati per 100.000 persone all’anno;
in realtà il numero stimato è verosimilmente più elevato di quello atteso. Circa
il 9-14% degli anziani accuditi in casa presenta infatti sintomi di NPH e un ulteriore
incremento può essere ipotizzato considerando l’invecchiamento demografico della
popolazione. Secondo uno studio condotto in Norvegia il costo economico di una
qualunque forma di demenza, quale ad esempio la malattia di Alzheimer, è di circa 43.000 Euro per paziente per anno: un considerevole carico economico
può dunque essere atteso anche per pazienti con idrocefalo normoteso dell’anziano
che non venga diagnosticato e che quindi evolva verso la demenza.
In effetti il termine “normoteso” è improprio poiché in realtà il monitoraggio
della pressione intracranica condotto per 24 ore dimostra fasi ricorrenti di aumento
della pressione intracranica rispetto ai valori normali.
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Il vero idrocefalo normoteso dell’anziano è idiopatico ossia ha una etiologia
sconosciuta e meccanismi fisiopatogenetici non ancora del tutto compresi. Le moderne
teorie considerano l’idrocefalo come una dilatazione ventricolare causata da un’aumentata
forza locale diretta dai ventricoli verso gli spazi subaracnoidei, definita come
un aumentato gradiente di pressione transmurale, o stress pulsatile transmurale,
un fenomeno dinamico dipendente dall’onda di pulsazione. Lo stress pulsatile transmurale
cronico provocherebbe una diminuita compliance (consistenza) del tessuto cerebrale
e di conseguenza un ampliamento ventricolare. Alla riduzione della compliance
cerebrale e all’allargamento dei ventricoli potrebbe anche contribuire una perdita
di elasticità delle pareti ventricolari dovuta a lesioni ischemiche periventricolari.
L’idrocefalo normoteso sarebbe dunque la conseguenza di una diminuzione della
compliance cerebrale associata ad un inadeguato assorbimento liquorale e ad un
incremento della pressione media intraventricolare a loro volta secondari alle
più generiche turbe vascolari che compaiono nell’anziano
I disturbi del cammino sono il sintomo comune più precoce nel 94-100% dei casi,
seguito dalla compromissione cognitiva nel 78-98% dei casi e dalla disfunzione
urinaria nel 76-83% dei casi.
I disturbi del cammino consistono in una deambulazione a base allargata, a piccoli
passi, lenta e instabile. L’instabilità diviene più pronunciata nel girarsi che
non nel camminare lungo una linea retta. La marcia “frenata” diviene evidente
in particolare quando il paziente inizia a camminare, cammina in uno spazio ristretto,
e gira in tondo. Le sollecitazioni esterne, compresi i comandi verbali o i segni
visivi ad esempio le linee marcate sul pavimento hanno scarsa efficacia, a differenza
di quanto avviene nei pazienti affetti dalla malattia di Parkinson. Il nucleo
striato e il tratto corticospinale sono ritenute le strutture coinvolte nei disturbi
della deambulazione nei pazienti con NPH.
La demenza nelle fasi iniziali dell’idrocefalo normoteso consiste per lo più
in un rallentamento ideomotorio (bradifrenia e bradicinesia), in un deficit di
attenzione, di memoria a breve termine e di fluenza verbale. Nei pazienti con
idrocefalo più grave il danno cognitivo è completo: la compromissione della velocità
psicomotoria, dell’attenzione, della fluenza verbale e della funzione esecutiva
è allora più severa. In ogni caso, la compromissione della memoria e dell’orientamento
rimane meno marcata rispetto ai pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer.
Altri sintomi psichiatrici sono riportati nell’88% dei pazienti: apatia, ansietà,
instabilità emozionale, depressione, impazienza. Il corpo calloso, il nucleo straiato,
il giro frontale superiore, la porzione mesiale del lobo frontale compreso il
giro cingolato anteriore sono ritenuti le strutture cerebrali coinvolte nel danno
cognitivo dei pazienti con NPH.
L’incontinenza urinaria comprende la vescica iperattiva, intesa come aumentata
frequenza urinaria notturna e come minzione imperiosa; riduzione del massimo flusso
minzionale, aumento del volume residuo e riduzione della capacità vescicalerisultano
evidenti dai test urodinamici. La vescica iperattiva è ritenuta correlata con
un’aumentata attività parasimpatica. Tanto più tempestivi e appropriati sono la
diagnosi del NPH e il suo trattamento e tanto migliori sono i risultati conseguiti.
Non vi sono procedure diagnostiche di per sé patognomoniche per il NPH: l’insieme
dei dati clinici, dei dati radiologici e dei test liquorali consente però di formulare
una diagnosi appropriata, evitando così interventi inutili e non negando la chirurgia
a quei pazienti che potrebbero trarne beneficio.
TAC e RMN encefaliche sono essenziali per lo screening e la diagnosi dell’idrocefalo
normoteso.
a) Entrambe evidenziano la dilatazione ventricolare.
b) Un indice di Evans (rapporto fra massima larghezza dei corni ventricolari
frontali e massima larghezza cranica misurata ai tavolati interni) maggiore di
0.3 è segno di idrocefalo.
c) Il riscontro di solchi corticali sottili in corrispondenza della convessità
alta e media nella parte dorso-posteriore dell’encefalo e di scissure silviane
e cisterne aracnoidali basali dilatate (DESH: Disproportionately Enlarged Subarachnoid
space Hydrocephalus) è indicativo per il NPH e suggerisce un blocco della circolazione
liquorale fra le cisterne basali e le granulazioni aracnoidali (dove il liquor
viene riassorbito).
d) Il relativo incremento della perfusione corticale in corrispondenza della
convessità alta e nella parte mediale dei lobi frontali e parietali, dovuto all’aumentata
densità della sostanza grigia e alla diminuzione del liquor in queste aree è utile
nel differenziare il NPH da altre forme di demenza inclusa la malattia di Alzheimer.
e) Abbastanza frequente ma di valore diagnostico non ancora ben consolidato nel
NPH è il riscontro alla RMN del fenomeno del “vuoto di flusso liquorale” dove
nessun segnale di liquor è osservato nell’acquedotto.
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Nei pazienti che non possono essere sottoposti alla RMN (ad esempio perché portatori
di protesi o pace-makers non RMN-compatibili) la Cisternografia Radioisotopica
o la CisternoTAC possono essere utili nel completare la diagnosi di NPH: tipicamente
viene riscontrato un reflusso intraventricolare del radioisotopo, o del mezzo
di contrasto, ed una stagnazione degli stessi sulla superficie cerebrale. Va detto
però che queste indagini strumentali comportano un’alta percentuale di falsi positivi.
Altre metodiche diagnostiche per definire la diagnosi di NPH sono il tap test
e il drenaggio lombare continuo: in entrambi i casi si sottrae liquor dal paziente.
Con il tap test si drenano 30-50 ml di liquor mediante una puntura lombare; con
il drenaggio lombare continuo si sottrae un volume maggiore di liquor (300-500
ml) tramite un drenaggio esterno nell’arco di qualche giorno. La positività o
negatività delle due metodiche si basa sulla risposta clinica a determinati test:
ad esempio il cammino viene analizzato con il “3 metri alzati e vai” test (dove
si calcola il tempo impiegato per alzarsi e camminare per 3 metri) e con il “10
metri di cammino in linea retta” test; l’analisi della sfera cognitiva viene effettuata
con il mini-mental test e con la batteria per le funzioni frontali. Il drenaggio
lombare continuo ha dimostrato una maggiore accuratezza diagnostica rispetto al
tap test che però è meno invasivo ed è di più facile esecuzione.
Un’ultima accurata indagine diagnostica è il monitoraggio della pressione intracranica
(PIC) per 12-24 ore, per lo più durante la notte; si può misurare la pressione
liquorale lombare oppure la pressione intraventricolare; in ogni caso si calcolano:
1) la pressione intracranica basale (valori normali 90-200 mm H2O)
2) la frequenza delle onde B durante il sonno (più alta è la frequenza delle
onde B –maggiore del 15%- e più efficace è il trattamento)
3) l’onda del polso liquorale (aumentata ampiezza e diminuita latenza dell’onda
sono predittive di efficacia del trattamento).
Se la diagnosi di Alzheimer è corretta il trattamento dell’idrocefalo non modifica
in alcun modo il decorso della malattia. Al contrario se la diagnosi di Alzheimer
è errata e si tratta in effetti di un idrocefalo normoteso, soprattutto se in
fase iniziale, è certamente possibile intervenire ancora e il trattamento può
comportare il miglioramento dei sintomi. D’altra parte bisogna ricordare che la
malattia di Alzheimer può coesistere con l’idrocefalo normoteso: in questo caso
l’efficacia del trattamento dell’idrocefalo è controversa nei diversi studi.
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