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L’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA |
A cura di Dott. Fabio Raja |
Con un semplice esame si può dosare la quantità d’ossigeno e anidride carbonica presenti nel sangue.
Se la quantità d’ossigeno diminuisce i medici parlano d’ipossiemia, mentre se la quantità d’anidride carbonica aumenta in modo anomalo, i medici parlano di ipercapnia. La contemporanea presenza di queste due situazioni caratterizza l'insufficienza respiratoria.
Le conseguenze sono note: da una parte meno ossigeno nel sangue significa meno ossigeno per le cellule e, perciò, cattiva combustione degli zuccheri e poca energia a disposizione dell’organismo. Il paziente si sentirà stanco e ogni minimo movimento
diventa uno sforzo insostenibile ed, in condizione estreme, ci saranno danni gravi
e persino la morte delle cellule. D’altra parte l’accumulo della CO2 nel sangue
produce un avvelenamento perché questo gas è tossico per il sistema nervoso e,
inoltre, combinandosi con l’acqua dell’organismo, produce un acido, l’acido carbonico, che fa aumentare l’acidità del sangue. Oltre certi livelli d’acidità, la vita
è impossibile e le cellule muoiono.
Se le conseguenze dell’insufficienza respiratoria sono sempre le stesse (poco
ossigeno e troppa CO2 nel sangue), le cause che portano a questa situazione sono
moltissime.
In primo luogo i medici differenziano un’insufficienza respiratoria che insorge
improvvisamente, in modo acuto, e che può risolversi altrettanto rapidamente con la guarigione completa o con
conseguenze fatali, da quella cronica che insorge pian piano, nel corso d’anni, con disturbi dapprima lievi, poi man
mano sempre più gravi e invalidanti e che porta a danni irreversibili.
Un’altra distinzione che fanno i medici riguarda, invece, il modo con cui l’insufficienza
respiratoria s’instaura.
Quando un corpo estraneo è accidentalmente inalato, può ostruire i canali che
portano l’aria ai polmoni e causa, perciò, un’insufficienza di tipo ostruttivo. Questo può capitare per esempio se un boccone è accidentalmente spinto nella
trachea, o com’è accaduto in bambini con piccoli oggetti o parti di giocattoli
o, ancora, in persone anziane e poco vigili che inspirano, senza accorgersene,
parti di protesi dentarie. In altri casi, invece, le vie respiratorie sono libere,
ma i polmoni non riescono a muoversi come dovrebbero.
Il polmone è come un mantice: quando si dilata l’aria vi penetra, mentre quando
si restringe, l’aria esce. Un mantice che non riesce a dilatarsi e restringersi
come si deve, indubbiamente non funziona bene.
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I succitati esempi si riferiscono a due tipi d’insufficienza respiratoria acuta che possono risolversi senza gravi danni o, come talvolta accade, con la morte nel giro di pochi secondi. Sono casi, fortunatamente, molto rari. La maggioranza dei casi interessa, invece, malati che sviluppano un’insufficienza respiratoria nel corso di anni. La maggior parte di questi presenta una situazione che i medici chiamano BPCO.
BPCO è una sigla che significa Bronco pneumopatia cronica ostruttiva e che chiarisce subito che l’insufficienza respiratoria nasce sia da un’ostruzione cronica, in altre parole durevole nel tempo, dei bronchi sia da un’alterazione polmonare. La bronchite cronica e l’enfisema polmonare sono le cause più frequenti.
Ci sono persone, per lo più forti fumatori, che presentano uno stato infiammatorio
cronico dei bronchi. Queste persone hanno costantemente, o frequentemente, tosse
con continua produzione e espulsione di catarro. Si tratta di situazioni apparentemente
banali, che sono sottovalutate dal paziente che finisce per abituarsi a questo
stato di cose e lo considera “normale”.
Inoltre, poiché queste situazioni si protraggono per anni, chi ne è affetto,
è in un certo qual modo rassicurato e pensa che non ne patirà importanti conseguenze.
Proprio il protrarsi nel tempo di queste situazione conduce invece, giorno dopo
giorno, a danni dei bronchi e dei polmoni che, alla fine, risulteranno gravissimi
e quel che più conta, irrimediabili.
La tosse e l’infiammazione continua, infatti, finiscono per rovinare i tessuti
di cui è fatto il polmone. Questi tessuti sono naturalmente elastici e consentono
al mantice polmonare di dilatarsi e restringersi. Tosse e infiammazione cronica
sfiancano questi tessuti che perdono la loro elasticità ed il polmone diventa
come un mantice sempre dilatato che riesce a restringersi solo di pochissimo.
È chiaro che in queste condizioni il ricambio d’aria all’interno del polmone
è minimo: minimo sarà l’ingresso di ossigeno fresco nei polmoni e minima l’espulsione
della CO2.
In conclusione, nella BPCO c’è un’ostruzione dei bronchi per l’infiammazione
cronica e, al tempo stesso, una riduzione dell’elasticità dei polmoni con minore
efficienza del mantice polmonare.
Questi pazienti, da anni abituati ad una tosse cronica cominciano, pian piano,
ad avere affanno, ossia fiato corto, dapprima durante sforzi relativamente modesti,
come salire le scale o camminare svelti, poi per piccolissimi sforzi ed infine
anche quando sono a completo riposo. Contemporaneamente si manifestano altri segni
dell’insufficienza respiratoria come la cianosi, un caratteristico colorito bluastro
della pelle, conseguente a ridotta ossigenazione del sangue, ben visibile a livello
dei lobi degli orecchi e labbra ed un particolare aspetto delle unghie delle mani
che i medici chiamano “a vetrino d’orologio” proprio perché, per la loro forma,
lo ricordano.
L’ipossia, cioè la carenza d’ossigeno nel sangue, causa agitazione, confusione, delirio, svenimento, ipotensione, battiti cardiaci accelerati, mentre l’ipercapnia dà mal di testa, vertigini, confusione, svenimenti, sussulti muscolari, pupille
piccole, ipertensione arteriosa, sudorazione.
Sarà, però, la misurazione nel sangue della quantità d’ossigeno e anidride carbonica,
che consentirà di fare, con certezza, diagnosi di insufficienza respiratoria.
La raccolta della storia del malato, una visita accurata e alcuni test, tra i
quali la spirometria che valuta l’efficienza del mantice polmonare, chiariranno come e perché il danno si è prodotto e quale la sua gravità.
La migliore cura dell’insufficienza respiratoria cronica è, evidentemente, la
prevenzione di quelle malattie dei polmoni e dei bronchi che la causano.
Astensione dal fumo di sigaretta, cura di ogni episodio di bronchite, allontanamento
di polveri e sostanze tossiche dai luoghi di lavoro, sono misure che possono prevenire
o arrestare l’evoluzione dell’insufficienza respiratoria.
Quando l’insufficienza respiratoria si è ormai stabilita è necessario dare farmaci
per cercare di impedire un peggioramento della situazione polmonare e ridurre
l’ostruzione dei bronchi.
La riabilitazione respiratoria migliora la tolleranza allo sforzo e l’affanno;
una corretta alimentazione contribuisce a migliorare la qualità della vita soprattutto
nei pazienti con condizioni generali scadenti. La somministrazione continua di
piccole quantità d’ossigeno per più di 15 ore il giorno è uno dei principali trattamenti
nei pazienti con BPCO ed è l’unico trattamento capace di prolungare la vita dei
pazienti con insufficienza respiratoria.
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