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HANDICAP E SESSUALITÀDISABILITÀ, EROTISMO E PIACERE ORGASMICO (1/2) | A cura del
Dott. Fabrizio Quattrini |
Chiunque ha il diritto di sperimentare le proprie emozioni intime, l’erotismo
e l’amore. Ancora oggi purtroppo, quando si parla in generale di relazione intima
e sessuale, raramente si osserva una serena e chiara affermazione della sessualità
tra e per le persone con disabilità. Qualunque sia l’handicap, fisico o psichico, diagnosticato
alla nascita oppure causato da improvvisi o inaspettati incidenti di percorso
nella fase evolutiva, c’è sempre una certa difficoltà tra le persone normodotate
ad affrontare questa tematica.
Nell’immaginario collettivo, sembra comune la fantasia che le persone con disabilità
non possano vivere un’intimità erotico-sessuale di coppia e autoerotica, allontanandosi
inevitabilmente dallo sperimentare l’esperienza del piacere. Che significato possono
dare alla sessualità le persone che già vivono particolari difficoltà e disagi?
Probabilmente sono come degli eterni bambini, oppure degli angeli senza sesso
e, quindi, lontani dal poter provare emozioni erotiche e sessuali.
Si prova qui a fare maggiore chiarezza sul tema abbattendo false credenze e stereotipi
culturali, permettendoci di dare un significato più “umano” e degno di una società
evoluta, rispettosa e fiera di appartenere all’era del III millennio.
Handicap e disabilità
Già Baldaro Verde et al. nel 1987 tentarono di portare alla luce il significato
importante della sessualità delle persone con disabilità, promuovendo nella società
un certo diritto ad essere individui, superando tabù e condizionamenti in modo
da rinnovare una certa mentalità sulla base di una salda solidarietà umana. Chiaramente
è necessario differenziare caratteristiche emotivo-affettive e sessuali nelle
persone con disabilità motoria e fisica rispetto a quelle con disabilità psichica.
Coloro che accusano disagi e disabilità di tipo motorio hanno inevitabilmente
un’interruzione dell’identità sessuale a livello del sé corporeo, nel senso che
la possibilità a gestire in modo fluido i propri desideri erotici, le proprie
fantasie, le proprie pulsioni sessuali, sono ancorate a doppio nodo a quell’interruzione
funzionale di tipo fisico. In termini psicologici si viene a formare una ferita
del sé corporeo che rischia di ancorare l’individuo a certe forme di chiusura,
tristezza e isolamento. L’immagine intrapsichica, solitamente rinforzata da una
società disprezzante e giudicante, non permetterà ai disabili motori di instaurare
o mantenere in modo sereno una relazione intimo-affettiva. A tale riguardo è necessario
distinguere le persone con disabilità motoria almeno in tre gruppi:
1) disabilità fisica presente alla nascita;
2) disabilità fisica sopraggiunta dopo una malattia o un incidente prima dell’esperienza
sessuale e scelta del partner;
3) disabilità motoria acquisita dopo incidenti o malattia, successivamente alla
strutturazione della coppia.
Questa differenza permette di individuare importanti caratteristiche non solo
dei vissuti psicocorporei ed affettivi della persona con disabilità, ma soprattutto
risorse necessarie al superamento degli stati disfunzionali di tipo psicoaffettivo
e relazionale.
I disabili fisici dalla nascita come suggerisce Baldaro Verde et al. (1987) subiscono
delle differenziazioni a livello della conoscenza erotico-sessuale e corporea
sia tra i generi (maschio, femmina), che in tutto il percorso evolutivo. Infatti,
sin da piccoli, questi bambini avranno in primis relazioni disfunzionali con le
figure genitoriali e in fase puberale/adolescenziale anche con gli stessi pari.
Ad esempio, nella bambina i genitori eviteranno di investire il significato di
“oggetto di desiderio” evitando anche di rinforzare stereotipi quali la funzione
adulta di essere moglie e madre, in quanto ostacolata nella possibilità di accudire
una casa ed avere ed allevare dei figli. Per quanto riguarda il bambino, invece,
la difficile accettazione ed identificazione con la figura paterna lo porterà
a chiusura, isolamento e in fase adolescenziale a vivere la sessualità esprimendola
solamente con attività di tipo masturbatorio.
Spesso, questi individui, a prescindere dal genere sessuale, si trovano a vivere
gravi sentimenti d’inferiorità con conseguente paura di una non accettazione da
parte del sociale. Chiaramente, il ruolo genitoriale è di fondamentale importanza,
soprattutto nelle prime fasi di sviluppo psicocorporeo e affettivo. L’educazione
dei genitori alla sessualità nella diversità diventa quindi necessaria e di primaria
importanza.
I disabili che hanno acquisito l’handicap successivamente ad incidenti o malattie,
durante la fase pubero/adolescenziale hanno un disagio specifico legato alla rabbia
e alla delusione. Infatti, la deprivazione della libertà di movimento e di esperienza,
in una fase così “critica” come il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta,
può indurre gli individui ad isolamento e chiusura, non volendo riconoscere potenziali
segnali che, invece, riguardano solo le persone “sane”. Anche in questo caso le
famiglie hanno un ruolo importante nell’educazione alla salute e all’affettività,
ma l’ignoranza e la paura del giudizio sociale rinforzano questo isolamento, impedendo
quindi la crescita e il superamento del periodo di crisi. Ad esempio, in questa
fase delicata i ragazzi che si trovano a frequentare centri di riabilitazione
o comunitari vengono monitorati attentamente al fine di evitare fidanzamenti tra
gli stessi ospiti o situazioni imbarazzanti legati alla scoperta della sessualità.
I genitori stessi, qualora percepissero un tale “pericolo”, invece di aiutare
a comprendere l’esperienza funzionale della relazionalità, allontanano i figli,
oppure suggeriscono agli stessi operatori di essere più attenti e rigidi nel vigilare
e svolgere il “proprio lavoro”. Come già ricordato per i genitori, anche gli operatori
hanno una necessità urgente di essere formati e educati al tema della sessualità
nella disabilità.
I disabili che invece hanno acquisito un handicap successivamente ad incidenti
o malattie vivendo in una relazione stabile, dopo un primo momento di frustrazione
e sconforto ridefiniscono con il partner l’esperienza di un nuovo modo di vivere
l’affettività e la sessualità. In base alle caratteristiche dei membri della coppia
si osservano differenze in colui/lei che ha acquisito l’handicap, viene considerato
down oppure up all’interno della coppia. Chiaramente colui/lei che ha sempre avuto
un ruolo tendenzialmente passivo all’interno della dinamica di coppia continuerà
ad essere accudito e supportato dal partner, ancora maggiormente dopo l’accaduto;
differentemente il partner che ha acquisito una disabilità ed è stato sempre attivo
nel menage di coppia dovrà ridefinire ed attuare una grande ristrutturazione della
coppia stessa.
La disabilità di tipo psichico ha invece tutta un’altra caratteristica in quanto
gli individui hanno sviluppi psico-fisici differenti. A livello cognitivo possono
rimanere lontani dall’età biologica, mentre a livello corporeo e sessuale rispettare
i tempi della pubertà, dell’adolescenza, dell’esperienza erotico-sessuale.
La sessualità è “relazione, contatto, desiderio, piacere e sofferenza” e tutto
questo passa inevitabilmente attraverso il corpo e con il corpo viene sperimentata.
L’evoluzione di questi individui è costantemente monitorata dai rischi dei fattori
socio-culturali e dalla percezione e immaginazione sociale ad essi associati.
Appare quindi scontato che ancor più degli handicap motori, gli individui con
disabilità psichica e mentale, oltre a subire maggiori restrizioni e privazioni
in campo sessuale, vivranno una certa limitazione e quindi negazione dalla stessa
sessualità.
Come suggerisce Loperfido (1987) è possibile però non rimanere ancorati ai giudizi
e pregiudizi nei confronti della sessualità nella disabilità psichica. Infatti,
sul piano del “fare”, l’educazione sessuale acquista un significato fondamentale.
A tale riguardo alcuni criteri guida possono risultare importanti e utili:
1) non sostituirsi mai alla persona con disabilità, decidere per lui è non solo
disfunzionale, ma sicuramente poco educativo;
2) è fondamentale cercare di comprendere il reale bisogno della persona con disabilità
psichica durante le manifestazioni verbali o comportamentali;
3) accertare una certa correlazione tra il bisogno specifico a livello cognitivo
e affettivo e la comprensione delle conseguenze possibili in tema di sessualità
(i rischi come le malattie trasmesse sessualmente, le gravidanze indesiderate
etc).
Questi criteri possono indirizzare una certa educazione sessuo-affettiva necessaria
ad evitare di rilegare gli individui con disabilità psichica all’isolamento e
alla negazione totale della loro esperienza libidica e orgasmica.
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Handicap e sessualità | L'assistenza sessuale |
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