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Studi recenti hanno dimostrato che il rischio di sviluppo di cancro alla prostata
sembra essere inferiore negli uomini con un'alta frequenza di eiaculazioni.
L’effetto protettivo dell’eiaculazione è maggiore quando un uomo a vent’anni
eiaculava in media più di sette volte a settimana; in questo caso il rischio di
tumore alla prostata è un terzo rispetto a uomini che eiaculavano meno di tre
volte a settimana.
La ricerca è stata condotta dal Prof. Graham Giles , direttore del Cancer Council Victoria in Australia in collaborazione con l’Università
Western Australia, l’Istituto Europeo di Oncologia e l’Università di Otago, in
Nuova Zelanda.
Lo studio è stato svolto su 1079 uomini di età inferiore ai 70 anni cui era stato
diagnosticato un cancro alla prostata e un gruppo di 1259 uomini sani di età simile.
A tutti fu chiesto di riempire un questionario confidenziale con dettagli sulla
loro attività sessuale in vari periodi della loro vita.
Nello studio furono esaminati vari aspetti della vita sessuale incluso il numero
di partner, la frequenza delle eiaculazioni, anche analizzate in diversi periodi
della vita dei soggetti, dai venti fino ai 50 anni. Lo studio prese in esame le
eiaculazioni durante i rapporti sessuali, per la masturbazione e per emissioni
notturne.
Questo era un approccio differente rispetto agli studi precedenti che avevano
preso in considerazione prevalentemente la relazione tra rapporti sessuali e sviluppo
del cancro alla prostata.
Lo studio evidenziò che non c’era associazione tra numero di partner e rischio
di cancro, così come non c’era associazione tra numero di eiaculazioni al giorno
e rischio di cancro. Quello che sembrava essere importante era la frequenza di
eiaculazioni nel tempo. Non importa se l’eiaculazione fosse dovuta ad un rapporto
sessuale o alla masturbazione.
L’effetto protettivo dell’eiaculazione frequente per la prevenzione del cancro alla prostata sembra essere dovuta al frequente flussaggio dei dotti deferenti che limita il ristagno delle sostanze che sono all'interno del liquido seminale che potrebbe determinare delle trasformazioni cellulari.
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Lo studio è stato ripreso anche in Italia dall’urologo Vincenzo Mirone , dell'Università Federico II di Napoli, in occasione della presentazione della Settimana per la prevenzione delle patologie prostatiche, promossa dalla Società italiana di urologia. Si tratta di primi studi che ''devono essere confortati da ulteriori ricerche scientifiche, anche se la fonte - ha precisato Mirone – è sicuramente autorevole''.
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