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Se la sessuologia moderna inizia negli anni 70 con le scoperte di William Masters e Virginia Johnson, ginecologo e psicologa di St. Louis, il percorso per l’evoluzione di questa scienza ha una storia molto complessa e intersecata con le culture delle varie epoche.
Molti ricercatori e studiosi, in particolare a partire dalla seconda metà del
XIX secolo, hanno sviluppato concetti che hanno dato forza a contributi sempre
meglio finalizzati.
Prevalentemente di formazione psichiatrica (anche se il conio del termine Sexualwissenschaft
– sessuologia – si deve ad un dermatologo, Ivan Bloch -1906- ), questi autori
sono importanti perché danno lo spaccato di un approccio alla sessuologia pionieristico
e coerente alla cultura e alla scienza della loro epoca.
Nei loro lavori, in più, riflettono anche una parte della storia della stessa
psichiatria, considerando la patologia sessuale nella sua espressione perversa.
Fra questi va ricordato innanzitutto Krafft-Ebing con il saggio del 1866 “Psicopatologia sessuale con speciale riferimento al
sentimento sessuale invertito”. In esso poneva le basi per quella che sarebbe
diventata la sessuologia, in un’epoca nella quale il puritanesimo vigente richiedeva
molto coraggio per affrontare i temi della sessualità. In quell’opera, pur fondata
sul concetto biologico di degenerazione e nella quale la patologia sessuale era
tutta riferita alla malattia mentale, vi erano anche precise prese di posizione
contro i pregiudizi del tempo. Al concetto di peccato veniva infatti contrapposto
quello di malattia.
Il filone biologico-psichiatrico andò limitando gradualmente la sua estensione,
tanto che Albert Moll , all’inizio del novecento, cominciò a spingersi in una direzione terapeutica.
Precursore dell’approccio comportamentale, aveva individuato una forma di psicoterapia,
definita di “associazione”, fondata sul principio che le fantasie erotiche dovevano
essere imbrigliate da schemi di comportamento complessi che egli prescriveva ai
suoi pazienti.
Se Moll si collocava nella direzione del rinnovamento terapeutico, fu August Henri Forel a proporre una prima importante riflessione sul piano diagnostico. Non accettando
le classificazioni sindromiche, richiamò l’attenzione sul sintomo. Ne derivò un
apporto di rilievo alla dimensione psicosomatica della sessualità, grazie alla
sua opposizione alla separazione tra anima (o mente) e cervello.
Una rivoluzione radicale ai presupposti in voga fu portata da Haveloch Hellis . Pur non sconfessando l’ipotesi ereditaria e biologica delle perversioni sessuali,
introdusse il concetto di “ereditarietà progressiva”. Questa mitigazione delle
idee allora correnti, lo portò a definire il concetto di “simbolismo erotico”,
partendo dal quale considerò le perversioni come “equivalenti sessuali” della
sessualità normale.
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