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E' abbastanza complesso riassumere in un'unica trattazione la clinica termale
delle affezioni dell'apparato digerente in quanto, a differenza di altri ambiti
di patologia, assumono un ruolo preminente le azioni farmacologiche specifiche
dei componenti delle acque minerali.
Ogni mineralizzatore possiede un'azione biologica particolare che può essere
favorevole in alcune situazioni patologiche ma dannosa in altre. Inoltre le diverse
sostanze contenute nelle soluzioni idrominerali interagiscono in agonismo, antagonismo
o sinergismo a vari livelli (assorbimento, etc.). Azioni molto diverse, prevalenti
o addirittura opposte, possono inoltre dipendere dalla concentrazione o dal rapporto
di assunzione con i pasti. E' opportuno di conseguenza conoscere la composizione
e le indicazioni specifiche delle singole sorgenti minerali per scegliere la cura
efficace.
Non è nemmeno possibile standardizzare le posologie in quanto dipendono dalla
composizione dell'acqua e dalla sua concentrazione e devono adattarsi alle patologie
ed alla situazione individuale.
Solo il medico specislista in idrologia può consigliare opportunamente il paziente.
Le acque più utilizzate
Nell'ambito delle patologie dell'apparato digerente le acque più utilizzate sono
le bicarbonate, le solfate e le salse.
La metodica prevalente è la bibita (idropinoterapia), raramente si ricorre ancora a docce od irrigazioni rettali. Presso qualche stabilimento termale specializzato si esegue ancora il fango
addominale (epatico).
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Nella sezione relativa si parla delle azioni antitossiche e trofiche delle acque
cloruro-sodiche, bicarbonate, solfate e solfuree sul parenchima epatico. In pratica trovano indicazione alla terapia termale
le epatopatie tossiche, compresa quella alcoolica, le iatrogene e le epatiti virali
croniche ed acute. In caso di cirrosi epatica è necessario valutare le capacità
di compenso all'aumento dell'apporto idrico.
La terapia termale non può in questi casi essere risolutiva; per quanto ricerche
sperimentali anche recentissime (vedi acque solfuree e radicali liberi) abbiamo dato risultati soddisfacenti la crenoterapia nelle
epatopatie croniche ha attualmente un ruolo di presidio coadiuvante. Le azioni
colagoghe, coleretiche ed antispastiche indicano la crenoterapia in alcune patologie
biliari.
Le acque bicarbonate e solfate vengono classicamente impiegate nella diatesi litogena biliare. Lo scopo è di
modificare in senso non litogeno la bile, di aumentarne il flusso e di regolare
la motilità dell'albero biliare. Nessun tipo di acqua minerale può determinare
la dissoluzione di calcoli biliari.
La terapia idropinica è inoltre controindicata nelle fasi acute (coliche, colangiopatie,
etc.).
La calcolosi biliare rappresenta, in pratica, una indicazione alquanto dubbia
alla terapia termale. Consideriamo però che, in assenza di controindicazioni,
il trattamento idropinico può intervenire sulla mucosa colecistica, sulla composizione
della bile e sulla motilità delle vie biliari prevenendo le note complicanze della
calcolosi.
Indicazioni specifiche sono infatti rappresentate dalle discinesie delle vie
biliari, dalla sindrome post-colecistectomia e dalle colecistocolangiopatie croniche.
La metodica impiegata è soprattutto quella idropinica.
In alcuni stabilimenti si utilizza il fango epatico che per gli effetti antispastici
ed analgesici è in grado di completare l'azione terapeutica dell'acqua assunta
per bibita.
Il fango addominale è controindicato nelle epatopatie acute, ittero, epatite
cronica attiva e cirrosi scompensata.
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L'acqua presente in natura normalmente contiene sostanze disciolte allo stato ionico (sali minerali), allo stato gassoso e in forma non ionica, oltre a composti di natura biologica.