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In Italia, secondo i dati diffusi dagli specialisti del Congresso Europeo di ginecologia pediatrica e adolescenziale, la “prima volta” delle adolescenti italiane si verifica mediamente all’età di 17 anni, con un trend in crescita rispetto al passato, cui si accompagna anche la constatazione di una maggiore maturità sessuale. Tale dato, però, è da rapportare ad una situazione formativa e familiare normale, escludendo quindi tutte quelle situazioni di disagio nelle quali sono più frequenti comportamenti anomali rispetto ad una media che è in linea con la statistica europea ma che risulta superiore a quella, per esempio, degli Stati Uniti. Qui, infatti, il fenomeno della sessualità precoce è avvertito sensibilmente, soprattutto nelle comunità afroamericane e in quelle ispaniche. Con conseguenti ricadute sul piano sanitario. Negli Stati Uniti, ogni anno, un caso di malattia trasmessa per via sessuale ogni quattro è da imputare ad uno o ad una adolescente sessualmente attivo/a. La percentuale di gravidanze tra i minorenni è la più alta tra tutti i paesi civilizzati. Gravidanze non pianificate e malattie trasmesse per via sessuale sono inoltre più comuni tra coloro che hanno iniziato molto presto l’attività sessuale, prima cioè dei 16 anni di età. Uno studio reso pubblico nel 2001dallo Alan Guttmacher Institute e curato dalla Dott.ssa Lydia O’Donnell aggiunge agli effetti descritti, la probabilità che chi ha iniziato a praticare il sesso in giovanissima età possa avere molti partner sessuali, forzare uno o una partner ad avere sesso contro la sua volontà, avere rapporti frequenti e assumere alcool e stupefacenti prima o durante l’atto sessuale. In sostanza, i minorenni che hanno iniziato molto presto a praticare sesso finiscono per adottare comportamenti che li mettono in pericolo sotto il profilo della salute. Ma quali sono i fattori che incoraggiano il rapporto sessuale precoce e quali sono in grado di ritardarli?
Il sesso in televisione
Esistono diversi elementi che possono portare un adolescente ad affrontare prematuramente
il rapporto sessuale completo, ma quello che viene più evocato, sia in ambito
familiare che in quello politico o pedagogico, è il mezzo televisivo. Ci sono
buone ragioni scientifiche per pensare che la televisione possa contribuire ad
una attività sessuale precoce. Il comportamento sessuale, infatti, è fortemente
influenzato dalla cultura e la televisione è parte integrante della cultura degli
adolescenti. Secondo studi effettuati negli Stati Uniti, gli adolescenti guardano
fino a 3 ore di televisione ogni giorno. Una indagine scientifica di un campione
rappresentativo di programmi andati in onda durante la stagione televisiva 2001-2002,
ha stabilito che il 64% di tutti i programmi televisivi contengono riferimenti
più o meno espliciti al sesso. Inoltre un programma televisivo su sette (14%)
include la descrizione di un rapporto sessuale. Questa alta esposizione dei giovanissimi
al sesso può incidere sulle convinzioni degli adolescenti in materia di norme
culturali. La TV può infatti creare l’illusione che il sesso sia più centrale
nella vita quotidiana di quanto non lo sia in realtà. L’esposizione ai modelli
sociali forniti dalla TV può anche alterare le opinioni rispetto alle probabili
conseguenze che comporta l’attività sessuale. Una teoria sociologica, infatti,
sostiene che gli adolescenti che vedono in televisione (o al cinema) personaggi
che hanno rapporti sessuali casuali senza conseguenze negative, sono maggiormente
inclini ad assumere gli stessi atteggiamenti nella vita reale. Sebbene la televisione
possa al contrario inibire l’attività sessuale illustrandone i rischi (sopratutto
la possibilità di contrarre una malattia virale o di affrontare una gravidanza
indesiderata), incoraggiare l’astinenza o promuovere l’opportunità del “sesso
sicuro”, essa svolge assai raramente questo compito, in una misura pari al 15%
dei programmi che presentano contenuti legati al sesso. Ha fatto molto discutere,
in questo senso, lo studio dalla Dott.ssa Rebecca Collins della RAND Corporation
di Santa Monica (California) pubblicato nel settembre 2004 sulla rivista “Pediatrics” che ha dimostrato come la televisione possa influenzare i giovanissimi nell’avere
rapporti sessuali in età precoce. Raccogliendo un segnale proveniente dall’Accademia
Americana dei Pediatri che ha collegato il fenomeno dei contenuti sessuali nei
programmi televisivi (anche non espliciti) a quello del sesso praticato in età
adolescenziale, la Dott.ssa Collins ed alcuni colleghi hanno indagato approfonditamente
il fenomeno su basi scientifiche, prendendo in esame per un periodo di due anni
un campione significativo di 1792 ragazzi e ragazze di età compresa tra i 12 e
i 17 anni.
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La prevenzione
Alla luce di un fenomeno che in Italia risulta circoscritto, ma che rischia di esplodere in modo proporzionale alla presenza crescente di contenuti sessuali nei programmi televisivi, risulta importante stimolare i genitori e le scuole in direzione di un’opera di prevenzione che indirizzi l’iniziazione sessuale nella prima adolescenza, rendendo consapevoli i ragazzi dei rischi ai quali espongono se stessi e i propri partner. Ridurre la quantità di contenuti sessuali nei programmi di intrattenimento, ridurre l’esposizione degli adolescenti a questi contenuti ed offrire spiegazioni riguardo alle possibili conseguenze negative dell’attività sessuale in giovanissima età potrebbe ritardare l’inizio dei rapporti completi o non. In alternativa, i genitori di figli adolescenti potrebbero essere in grado di contenere gli effetti negativi, guardando la televisione insieme a loro e discutendo con loro sulle opinioni che hanno sul sesso e sulle situazioni che vengono rappresentate nei programmi televisivi.
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